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Podcast di informazione per Tributaristi e Fiscalisti, per darti un aggiornamento costante e quotidiano su Fisco e Lavoro.

Episodio 98 – Differenze tra Visto di Conformità e asseverazione Bonus Casa

Che cos’è il visto di conformità sui bonus edilizi, e chi lo rilascia?

Che differenze vi sono con l’asseverazione tecnica dei lavori?

Recentemente con le nuove disposizioni in materia di bonus fiscali per l’edilizia, si è parlato frequentemente di visto di conformità e asseverazione, indicando alcune documentazioni importanti relative ai lavori per cui vengono richieste particolari agevolazioni fiscali.

In particolare, nel 2022 torneranno moltissimi dei bonus per l’edilizia già presenti quest’anno, ma verranno applicate, secondo il nuovo “Decreto antifrode” (D.L. n. 157/2021), delle misure specifiche per limitare l’eventualità di illeciti proprio sulla ricezione delle agevolazioni fiscali previste con i lavori sugli immobili.

Il visto di conformità (che attesta il diritto al beneficio) viene introdotto in modo obbligatorio per tutti i richiedenti le agevolazioni, ed esteso anche a quei bonus per cui in precedenza non era previsto.

L’asseverazione è una attestazione redatta da un professionista che conferma la congruità delle spese sostenute rispetto alla possibilità di accedere alle detrazioni fiscali.

Tra visto di conformità e asseverazione, non è raro cadere in confusione.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza in questo podcast spiegando quali sono le differenze tra visto di conformità e asseverazione, e a cosa serviranno secondo le ultime decisioni in merito ai bonus fiscali che vengono riproposti per il 2022.

Bonus per l’edilizia e Decreto antifrode

I bonus per l’edilizia proseguiranno anche nel 2022, e questo significa che a partire da gennaio sarà nuovamente possibile chiedere le agevolazioni fiscali per il nuovo anno come il Superbonus 110%, il Sismabonus e l’Ecobonus ordinario, il Bonus Facciate, e altri importanti Bonus Casa.

I bonus per l’edilizia sono sottoposti alle nuove misure del Decreto antifrode, che vuole limitare la diffusione di episodi di raggiro delle norme per accedere alle agevolazioni fiscali.

Con il Decreto antifrode viene introdotto in forma estesa l’obbligo del visto di conformità per tutti i bonus fiscali dell’edilizia disponibili. Tutti i cittadini che vorranno accedere ai bonus dovranno presentare il visto di conformità sia se le agevolazioni vengono riconosciute con il metodo standard, ovvero dilazionate negli anni, sia tramite cessione del credito o sconto in fattura. Queste due modalità sono state la causa maggiore del moltiplicarsi di situazioni di illeciti a danno dei bonus stessi, per cui il Decreto Antifrode propone un maggiore controllo, tramite anche la sospensione delle possibilità da parte dell’Agenzia delle Entrate nel caso di soggetti o situazioni considerate a rischio.

Infine, il Decreto ha introdotto anche un listino prezzi unificato per tutte le regioni italiane, in modo da limitare l’eventualità del proliferare di un aumento dei prezzi senza controllo per i lavori.

Cos’è il visto di conformità

Il Visto di conformità di fatto è un documento che conferma che sono rispettati tutti i criteri e le limitazioni per poter accedere alle agevolazioni fiscali previste dai bonus:

“Il visto di conformità è rilasciato, ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 241/1997, dai soggetti incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni (dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali e consulenti del lavoro) e dai responsabili dell’assistenza fiscale dei CAF.”

Il visto di conformità quindi si può richiedere direttamente ai professionisti che si occupano di fare da intermediari tra cittadini e fisco. Questo documento viene rilasciato previo controllo sulla trasmissione telematica di tutta la documentazione inerente al lavoro svolto, alle spese, e alle informazioni sui soggetti coinvolti.

In pratica, chi si occupa di erogare il visto di conformità deve anche verificare che siano presenti tutte le documentazioni da parte di professionisti incaricati al controllo dei lavori. Tra questa documentazione rientra anche l’asseverazione tecnica. Non bisogna confondere il visto di conformità con l’asseverazione.

Con la Circolare n. 16/E/2021 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le spese sostenute per l’apposizione del visto di conformità sono detraibili IRPEF anche se il contribuente fruisce del superbonus direttamente nella propria dichiarazione dei redditi. Il contribuente è tenuto a conservare la documentazione che attesta il rilascio del visto di conformità (che deve essere rilasciato entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi), unitamente ai documenti giustificativi delle spese e delle attestazioni che danno diritto alla detrazione.

Esonero dal visto di conformità per chi presenta la dichiarazione precompilata

Con il D.L. n. 157/2021 è stata introdotta l’estensione del visto di conformità (non solo in caso di sconto in fattura o cessione del credito) anche nel caso in cui il contribuente decida di fruire della detrazione direttamente in dichiarazione dei redditi.

Il contribuente è esonerato dal rilascio del visto qualora la dichiarazione dei redditi venga presentata direttamente del contribuente all’Agenzia delle Entrate (tramite la dichiarazione precompilata, modello 730 o Redditi), ovvero tramite il sostituto di imposta (datore di lavoro o ente pensionistico) che presta l’assistenza fiscale.

Asseverazione per i bonus casa: di cosa si tratta

L’asseverazione tecnica è un documento che viene erogato da professionisti, come geometri, ingegneri o architetti, che attesta la congruità delle spese sostenute per questi lavori. L’asseverazione è indispensabile per poter richiedere l’accesso a determinati bonus per l’edilizia, come il Superbonus 110%.

Tramite l’asseverazione, il soggetto dimostra che sono rispettati i requisiti tecnici dei lavori specifici per poter richiedere l’agevolazione fiscale, e che le spese sostenute sono effettivamente quelle per i lavori specifici indicati.

Il D.L. n. 157/2021 ha previsto che, per stabilire la congruità delle spese che devono essere asseverate, è necessario fare riferimento ai prezziari individuati dal decreto ministeriale (decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 agosto 2020, recante “Requisiti tecnici per l’accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici – cd. Ecobonus“), ma anche ai valori massimi stabiliti da un decreto del Ministro della transizione ecologica.

Di fatto, quindi, l’asseverazione attesta il costo massimo per ogni tipologia di intervento sostenuto dal contribuente.

I tecnici che si occupano di fornire l’asseverazione tecnica per l’accesso ai bonus possono anche confermare la congruità delle spese sostenute, al fine di garantire l’accesso ai bonus ai soggetti beneficiari. Successivamente, l’asseverazione va presentata ai professionisti che si occupano dei rapporti con il fisco, per poter procedere alla domanda e alla conferma dei requisiti tramite Visto di Conformità.

Come spiegava la comunicazione ufficiale dell’Agenzia delle Entrate sul Superbonus 110%, l’asseverazione è anche un documento importante da inviare all’ENEA:

“Una copia dell’asseverazione riferita agli interventi di efficientamento energetico è trasmessa, esclusivamente per via telematica, all’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) secondo le modalità stabilite dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 agosto 2020.”

Per quanto riguarda il Superbonus 110%, le asseverazioni non possono essere sostituite da altra documentazione come la dichiarazione del fornitore o installatore, non abilitato. Nel caso di dichiarazioni false o scorrette, si può anche incorrere ad importanti sanzioni.

Ascolta l’episodio 98 – Differenze tra visto di conformità e asseverazione sui bonus casa

Episodio 99 – Indebita compensazione fiscale: cos’è?

Sappiamo che la compensazione si realizza in una modalità di soddisfazione del credito; quindi, ha come principale effetto quello di estinguere l’obbligazione. Dunque, è una modalità diversa dall’adempimento.

Si tratta di un istituto regolato dagli articoli 1241 e seguenti del codice civile:

“Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono”.

Tale sistema di soddisfazione del credito opera anche nell’ambito fiscale.

la compensazione consiste nella possibilità di fruire di una posizione fiscale creditoria per compensare una situazione debitoria. In particolare, la compensazione dei crediti fiscali può essere di due tipi: orizzontale e verticale.

La c.d. compensazione orizzontale opera quando il credito considerato viene utilizzato per compensare un debito relativo a imposte di natura diversa. Ad esempio, si utilizza il credito IVA per compensare il debito IRPEF o Inps.

La c.d.  compensazione verticale, invece, si realizza quando il credito fiscale viene utilizzato per compensare un debito della stessa natura. ad esempio, in tema di IVA, quando il contribuente decide di utilizzare il codice tributo 6099 per compensare il debito del IVA dell’anno successivo.

Come si compensano i crediti?

Per procedere alla compensazione dei crediti è necessario procedere con il modello F24. Il DL n. 124 del 26 ottobre 2019 (Decreto fiscale 2020) ha previsto la disciplina della compensazione dei crediti. In particolare, per quanto riguarda la compensazione verticale sono previste due particolarità

  • L’obbligo di preventiva presentazione della dichiarazione da cui emerge il credito, e per importo superiore a 5.000 euro, per poter utilizzare in compensazione il credito, apponendo anche sulla stessa il visto di conformità.
  • L’Ampliamento delle compensazioni di crediti d’imposta che devono essere effettuate presentando solo il modello F24.

Il modello F24 deve essere necessariamente presentato mediante modalità telematica, per le compensazioni dei crediti di imposta. L’obbligo riguarda la generalità dei soggetti, sia per i titolari di partita IVA che per i privati.

Indebita compensazione fiscale: di cosa si tratta?

La compensazione fiscale può dare vita anche ad una condotta illegittima quando viene operata tra somme spettanti all’Erario e crediti vantati dal contribuente che in realtà non spettano o sono inesistenti. È opportuno individuare chiaramente la differenza intercorrente tra crediti inesistenti e crediti non spettanti. I due concetti, infatti, sono molto distinti e hanno conseguenze parzialmente distinte.

Il credito inesistente è quello privo del presupposto necessario per la sua insorgenza; quindi, viene indicato dal contribuente in maniera fraudolenta, o comunque in base a una rappresentazione falsa della realtà. Inoltre, se l’inesistenza del credito emerge attraverso i consueti controlli fiscali, anche automatizzati, svolti sulle dichiarazioni presentate, esso dovrà essere qualificato come credito non spettante.

crediti non spettanti sono quando il credito compare nella dichiarazione ma l’importo non è corretto, come nel caso di una compensazione oltre la soglia massima.

Si definisce inesistenteil credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile” mediante la liquidazione automatica della dichiarazione (art. 13 co. 5 del D.Lgs. n. 471/97).

Indebita compensazione: sanzioni amministrative

L’indebita compensazione di crediti comporta come principali conseguenze l’applicazione di sanzioni amministrative, potrebbe comportare anche una responsabilità penale.

Nel caso di credito inesistente, il regime sanzionatorio è assai rigido. Se vengono utilizzati crediti fiscali inesistenti, la sanzione prevista è compresa tra il 100 e il 200% della misura dei crediti stessi. Per tali sanzioni non viene ritenuta ammissibile la definizione agevolata che prevede il pagamento di un quarto della sanzione indicata nell’atto di contestazione (ex art. 16 o 17 del D.Lgs. n. 472/97). Al fine di evitare una duplicazione della sanzione, tali crediti sono tuttavia sottratti a quelle previste per l’indebita detrazione del credito riportato in dichiarazione. In questo caso l’avviso di recupero può essere notificato entro il 31/12 dell’ottavo anno successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Mentre nel caso di crediti non spettanti, la sanzione è pari al 30% del maggior credito utilizzato, salvo l’applicazione di disposizioni speciali. Questo ai sensi del comma 4, dell’articolo 13, del D.Lgs. n. 471/97. Questa sanzione si rende applicabile in caso di ravvedimento operoso effettuato dal contribuente. Mentre se la violazione viene ad essere riscontrata attraverso i controlli automatizzati (ex articolo 36-bis DPR n. 600/73 e 54-bis DPR n. 633/72) la sanzione amministrativa applicabile resta quella ordinaria dal 100% al 200% della misura del maggior credito utilizzato.

Reato di indebita compensazione dei crediti

L’indebita compensazione dei crediti può comportare anche una responsabilità di tipo penale per il contribuente.

L’indebita compensazione è un reato previsto a seguito della riforma del diritto penale tributario. La norma è stata disciplinata all’articolo 10-quater del decreto legislativo numero 74 del 2000. La condotta in questione assume la veste di reato ogniqualvolta il contribuente non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione dei crediti d’imposta inesistenti o non spettanti.

Come per il regime degli altri reati tributari, è prevista un tasso soglia oltre al quale il legislatore prevede la responsabilità penale del contribuente. È necessario che la compensazione debba realizzarsi per un importo superiore ai 50.000,00 euro annui. In particolare, con l’espressione “somme dovute” ci si riferisce a qualsiasi versamento da eseguire mediante modello F24.

Come specificato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, il reato di indebita compensazione si consuma nel momento in cui avviene la presentazione dell’ultimo modello F24 con il quale viene utilizzato il credito. Non, quindi, alla data in cui viene presentata la dichiarazione dei redditi, come invece avviene per il reato di dichiarazione infedele.

Ascolta l’episodio 99 – Indebita compensazione fiscale: cos’è?

Episodio 100 – Divieto di compensazione per ruoli scaduti oltre € 1.500,00

La compensazione dei crediti tributari è vietata in presenza di ruoli scaduti, derivanti da cartelle esattoriali, per imposte erariali, di ammontare superiore a €. 1.500. Questo è quanto prevede l’articolo 31, comma 1, del D.L. n 78/2010.

La compensazione dei crediti tributari è vietata, per il contribuente, in presenza di debiti iscritti a ruolo e scaduti per imposte erariali di ammontare superiore a 1.500 euro. Questo è quanto previsto dall’articolo 31, comma 1, del D.L. n. 78/10. Il divieto riguarda le compensazioni orizzontali di crediti tributari, ovvero la compensazione tra un credito ed un debito di diversa natura (es. utilizzo del credito IRPEF per il pagamento della cedolare secca). In sostanza, la presenza di ruoli scaduti comporta il divieto di effettuare compensazioni orizzontali che obbligatoriamente devono transitare dal modello F24.

Andiamo ad analizzare tutte le informazioni utili su questo argomento.

La norma di riferimento da ricordare è l’articolo 31, comma 1, del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010. Questa disposizione prevede che “La compensazione orizzontale nel modello F24 è inibita in presenza di ruoli scaduti di natura tributaria di importo superiore a € 1.500

Il decreto legge è stato convertito con la Legge n. 122 del 30 luglio 2010, rubricato come “Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi “. L’importanza di questa disposizione sta nel fatto che le “compensazioni” rappresentano il principale strumento utilizzato dai contribuenti per assolvere i debiti di natura tributaria.

Con questa norma il legislatore è intervenuto a limitare la possibilità di procedere alla “compensazione orizzontale “. Tale inibizione è prevista nell’ipotesi in cui il contribuente titolare di crediti erariali sia anche debitore, di somme dovute all’Amministrazione finanziaria, di importo superiore a 1.500 euro e che siano definitivamente dovute. In pratica, si tratta delle somme presenti in cartella esattoriale rispetto alla quale il contribuente non abbia:

  • Effettuato il pagamento nei 60 giorni successivi alla notifica della cartella,
  • Effettuato istanza di sospensione dal pagamento o l’istanza di rateazione della cartella.

Le imposte erariali che fanno scattare il divieto di compensazione sono, in particolare, IRPEF IVA IRAP IRES e le altre imposte indirette, con esclusione dei tributi locali e dei contributi di qualsiasi natura

In generale, la Circolare n. 13/E/2011 fa riferimento a tutte le imposte dirette ed indirette, compresa l’IRAP e le addizionali ai tributi diretti.

Per la determinazione della soglia di 1.500 euro di ruolo scaduto è necessario fare riferimento alle somme scadute in essere al momento di effettuazione della compensazione. Questo computando non solo le imposte, ma anche gli oneri accessori, sanzioni, interessi, aggi, altre spese collegate al ruolo.

Nel caso di più cartelle, per importi e per scadenze diverse, occorre verificare il complessivo debito scaduto ancora in essere al momento dell’effettuazione del versamento e conseguentemente, in caso di pagamento parziale avvenuto in data anteriore a quella in cui si intende procedere alla compensazione, occorrerà fare riferimento all’ammontare del debito residuo nel giorno di presentazione della delega modello F24.

L’esistenza di debiti iscritti a ruolo che precludono la compensazione può essere verificata dai contribuenti interessati non solo riscontrando le cartelle ad essi notificate, ma anche accedendo dal sito di Agenzia delle Entrate Riscossione al proprio Estratto conto, cioè all’elenco delle cartelle e degli avvisi di pagamento relativi al proprio codice fiscale/partita IVA.

Compensazione di debiti iscritti a ruolo con crediti erariali nel modello F24

Il pagamento delle imposte erariali iscritte a ruolo può avvenire anche mediante una speciale forma di compensazione. Mi riferisco alla possibilità di effettuare nel modello F24 una compensazione tra un credito erariale è un debito iscritto a ruolo. La procedura è relativamente semplice.

Nella sezione del modello F24 “Accisesi utilizza il codice tributo “RUOL” (Risoluzione n. 18/E/2011). Questo in corrispondenza degli importi a debito versati. Nella riga dedicata alla sezione Erario, invece, può essere inserito il codice tributo del credito erariale che si intende utilizzare in compensazione. Una volta effettuata la compensazione la stessa deve essere comunicata ad Agenzia delle Entrate Riscossione.

L’effettuazione della compensazione tra debito iscritto a ruolo e credito erariale deve essere comunicata ad Agenzia Entrate Riscossione. La comunicazione si rende necessaria in tutti quei casi in cui non viene effettuato il totale pagamento del debito iscritto a ruolo con la compensazione in F24.

Nella comunicazione deve essere indicato il ruolo che è stato pagato tramite la compensazione. L’estinzione dei debiti iscritti a ruolo tramite compensazione è ammessa a prescindere dall’importo (superiore o inferiore di 1.500 euro) e dall’avvenuta scadenza del debito.

Sanzioni amministrative

L’inosservanza del blocco alla compensazione di crediti erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo superiori a 1.500 euro è oggetto di sanzione. Infatti, in caso di inosservanza di questa disposizione normativa il contribuente è soggetto a sanzione amministrativa pari al 50% dell’importo iscritto a ruolo fino a concorrenza di quanto indebitamente compensato.

Ascolta l’episodio 100 – Divieto di compensazione per ruoli scaduti oltre € 1.500,00

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