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Il soggetto obbligato deve definire con quali modalità assolvere l’obbligo di adeguata verifica: mediante la determinazione del grado di rischio effettivo di cui al paragrafo precedente, si perviene alla tipologia di adeguata verifica da adottare (ordinaria, semplificata o rafforzata).

Adeguata verifica ordinaria

In caso di rischio effettivo “abbastanza significativo”, il soggetto obbligato provvederà ad eseguire la adeguata verifica con modalità “ordinaria”. L’adeguata verifica “ordinaria” si snoda nelle seguenti fasi: a) identificazione del cliente e verifica della sua identità attraverso riscontro di un documento d’identità o di altro documento di riconoscimento equipollente ai sensi della normativa vigente nonché sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente. Le medesime misure si attuano nei confronti dell’esecutore, anche in relazione alla verifica dell’esistenza e dell’ampiezza del potere di rappresentanza in forza del quale opera in nome e per conto del cliente; b) identificazione del titolare effettivo e verifica della sua identità attraverso l’adozione di misure proporzionate al rischio ivi comprese, con specifico riferimento alla titolarità effettiva di persone giuridiche, trust e altri istituti e soggetti giuridici affini, le misure che consentano di ricostruire, con ragionevole attendibilità, l’assetto proprietario e di controllo del cliente; c) acquisizione e valutazione di informazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale, per tali intendendosi quelle relative all’instaurazione del rapporto, alle relazioni intercorrenti tra il cliente e l’esecutore, tra il cliente e il titolare effettivo e quelle relative all’attività lavorativa, salva la possibilità di acquisire, in funzione del rischio, ulteriori informazioni, ivi comprese quelle relative alla situazione economico-patrimoniale del cliente, acquisite o possedute in ragione dell’esercizio dell’attività. In presenza di un elevato rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, i soggetti obbligati applicano la procedura di acquisizione e valutazione delle predette informazioni anche alle prestazioni o operazioni occasionali d) controllo costante del rapporto con il cliente, per tutta la sua durata, attraverso l’esame della complessiva operatività del cliente medesimo, la verifica e l’aggiornamento dei dati e delle informazioni acquisite nello svolgimento delle attività di cui alle lettere a), b) e c), anche riguardo, se necessaria in funzione del rischio, alla verifica della provenienza dei fondi e delle risorse nella disponibilità del cliente, sulla base di informazioni acquisite o possedute in ragione dell’esercizio dell’attività.

Adeguata verifica semplificata

La regola tecnica n. 2 del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha individuato una serie di attività svolte dal professionista che, per le loro caratteristiche sono state classificate con rischio inerente “non significativo”. La tabella di seguito riportata, tratta dalla regola tecnica appena citata, elenca queste attività, i motivi per i quali il rischio è considerato “non significativo” e gli adempimenti da porre in essere per l’effettuazione dell’adeguata verifica:

  1. collegio sindacale

Con riferimento alle funzioni di componente di collegio sindacale/sindaco unico senza funzioni di revisione legale dei conti in società non coincidenti con soggetti obbligati, sussistono almeno quattro ordini di ragioni per ritenere che il rischio inerente le funzioni di sindaco sia molto basso: 1) al momento della nomina il sindaco non svolge una funzione professionale, ma diviene organo endosocietario. Nessuna “prestazione professionale intellettuale o commerciale” esterna, rilevante ai fini antiriciclaggio, può quindi essere configurata nel ruolo di sindaco privo di funzioni di revisione; 2) le funzioni di controllo antiriciclaggio vengono svolte per espressa previsione normativa dalla società di revisione, dal revisore esterno o dai sindaci con funzione di revisione legale dei conti quando ad essi venga delegata detta specifica funzione. In relazione al fatto che la funzione sindacale nelle società per azioni, nelle società a responsabilità limitata o nelle cooperative presuppone sempre la presenza di uno o più revisori, la funzione di controllo antiriciclaggio sarebbe indubbiamente duplicata; 3) i sindaci senza funzione di revisione legale dei conti, non monitorando di norma la documentazione contabile, né la gestione di cassa della società non potrebbero svolgere i controlli sulle irregolarità di cui all’articolo 49 del decreto legislativo n. 231/2007 (limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore) e quindi provvedere alle conseguenti eventuali comunicazioni di irregolarità al Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 51; 4) nei collegi sindacali non è richiesto che tutti i componenti siano iscritti negli albi dei dottori commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro o nel registro dei revisori legali. L’articolo 2397 del codice civile, infatti, prevede che possono essere eletti (se il collegio non svolge funzione di revisione legale dei conti) anche docenti universitari di ruolo in materie economiche giuridiche, che possono non essere professionisti e, anche se abilitati, possono non essere iscritti all’albo e quindi non esercitare la professione. Ne deriva che, qualora gli adempimenti antiriciclaggio fossero richiesti ai sindaci senza funzione di revisione legale dei conti, essi potrebbero dover essere espletati o meno a seconda della posizione soggettiva del singolo membro dell’organo di controllo, il che sembra illogico e difficilmente giustificabile. Ai componenti del collegio sindacale deve ritenersi equiparata la posizione dei componenti dei consigli di sorveglianza ex articolo 2409-duodecies del codice civile. Per le ragioni sopra esposte, il componente del collegio sindacale senza funzione di revisione legale dei conti in società non coincidenti con soggetti obbligati si limita ad acquisire e conservare copia del verbale di nomina. L’adeguata verifica resta dovuta sia nel caso di collegio sindacale delegato ad assolvere anche funzioni di revisione in capo a ciascuno dei membri componenti il collegio, sia nel caso di sindaco unico con funzione di revisione, eletto sulla base dei parametri dell’articolo 2477 del codice civile. A prescindere dallo svolgimento della funzione di revisione, permane inoltre l’obbligo di segnalazione di eventuali operazioni sospette in capo a ciascun membro del collegio sindacale.

  1. apposizione del visto di conformità su dichiarazioni fiscali

Il professionista attesta la rispondenza dei dati indicati nella dichiarazione (Iva, Redditi, Irap, 770) agli elementi registrati nella contabilità. Resta fermo che se il professionista tiene anche la contabilità del soggetto gli obblighi antiriciclaggio sussistono comunque e, di conseguenza, non sembra necessaria una duplicazione degli adempimenti ad esso riferiti per il solo fatto dell’assunzione dell’incarico di apposizione del visto. Viceversa chi appone il visto, non essendo depositario delle scritture contabili, effettua una prestazione professionale con rischio di gran lunga inferiore: pertanto non è da ritenersi destinatario degli adempimenti antiriciclaggio che coinvolgono il depositario delle scritture. In tal caso, infatti, il professionista che appone (o nega) il visto effettua esclusivamente un controllo di carattere campionario di mera “spunta” dei documenti contabili e verifica il corretto trattamento degli stessi ai fini fiscali: in altre parole, non entra nel merito delle operazioni poste in essere dall’impresa, come invece fa necessariamente il professionista che si occupa della contabilità e che registra quotidianamente le operazioni aziendali, venendo spesso coinvolto anche in via preventiva. Quest’ultimo ha una visione complessiva del proprio cliente che manca al professionista chiamato ad apporre il visto in modo magari occasionale. Il professionista, quindi, si limita ad acquisire copia del documento di identità del cliente, da conservare nel fascicolo intestato al cliente.

  1. predisposizione di interpelli con richiesta di chiarimenti interpretativi circa l’applicazione di norme, ancorché contestualizzati a casi concreti con inoltro a ministeri e agenzie fiscali

Si tratta di interpelli presentati sempre in via preventiva, che illustrano analiticamente a soggetti pubblici (ministero sviluppo economico, ministero del lavoro, agenzie fiscali, eccetera) un caso concreto al quale rispondono l’amministrazione finanziaria o il Ministero. Il professionista, quindi, si limita ad acquisire copia del documento di identità del cliente, da conservare nel fascicolo a lui intestato.

  1. risposte a quesiti di carattere fiscale e societario con cui si chiede quale sia la corretta soluzione in base a norme di legge della fattispecie prospettata. Il quesito può essere astratto o contestualizzato con dati oggettivi (anagrafici e di valore). Pareri pro veritate

Si tratta di quesiti che i professionisti pongono per conto dei propri clienti ad altri professionisti (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro e notai). La risposta, che consiste nel mero inquadramento dell’operazione dal punto di vista della corretta normativa da applicare, ovvero nella conclusione che la soluzione prospettata dal soggetto che ha posto il quesito non risponde a norma di legge o a prassi, non conduce di fatto alla conoscenza di operazioni già realizzate e che peraltro potrebbero anche non realizzarsi mai. Di fatto con la risposta al quesito, ovvero con la redazione del parere, il professionista non prende in alcun modo parte all’operazione e, in alcuni casi, non si viene nemmeno a conoscenza dei valori della stessa e dei dati anagrafici dei soggetti coinvolti. Fermi gli adempimenti prescritti dalla vigente normativa civilistica, sostanziale e processuale, il professionista si limita ad acquisire copia del documento di identità del cliente, da conservare nel fascicolo a lui intestato.

  1. incarico di curatore, commissario giudiziale e commissario liquidatore nelle procedure concorsuali (articolo 182 della legge fallimentare), giudiziarie e amministrative
  2. liquidatore di società nominato dal tribunale (articoli 2487 e 2487-bis del codice civile)
  3. attività degli amministratori giudiziari (articolo 2 del decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14)
  4. commissario giudiziale nelle amministrazioni straordinarie
  5. incarico di ausiliario del giudice incaricato di perizie e consulenze tecniche su incarico dell’autorità giudiziale in ambito civile (articoli da 61 a 64 del codice di procedura civile) e penale (articolo 225 del codice di procedura penale)
  6. amministratore giudiziario (articolo 2409 del codice civile)
  7. operazioni di vendita di beni mobili registrati e immobili nonché formazione del progetto di distribuzione (articolo 2, comma 3, lettera e), della legge 14 maggio 2005, n. 80)
  8. incarico di custode giudiziale di beni ed aziende (articoli 560 e 676 del codice di procedura civile)
  9. redazione di stime, giurate e non giurate, su incarico dell’autorità giudiziale (articolo 193 del codice di procedura civile)
  10. componente organismo di composizione della crisi (legge n. 3/2012)

Si tratta di incarichi che derivano da nomine giudiziali nelle quali, di norma, il professionista si interfaccia con l’autorità giudiziaria. In tali incarichi il professionista, nelle relazioni tecniche all’autorità giudiziaria, evidenzia anche le eventuali irregolarità riscontrate sia a livello civile che penale (ad esempio nelle curatele fallimentari o negli incarichi di amministrazione giudiziale) e, quindi, anche le eventuali anomalie ai fini dell’antiriciclaggio e del finanziamento al terrorismo. In altre situazioni (ad esempio custode giudiziale di beni e aziende, amministratore giudiziario) il professionista è esso stesso amministratore dei beni, mentre nelle perizie di stima di valore egli non ha alcuna possibilità di valutazione in merito al cliente e si limita alla valutazione economica di un bene o di una azienda. Attesa la particolare natura degli incarichi conferiti dall’autorità giudiziaria e gli obblighi già prescritti dalla normativa di riferimento, il professionista incaricato acquisisce e conserva una copia della nomina da parte dell’autorità giudiziaria.

  1. docenze a corsi, convegni, master e simili anche mediante formazione a distanza
  2. direzione, coordinamento o consulenza scientifica per l’organizzazione di attività di formazione in aula o a distanza
  3. partecipazione a comitati di redazione o comitati scientifici di riviste, periodici, libri e giornali sia cartacei che sul web
  4. redazione e aggiornamento di libri o di articoli e saggi su giornali, riviste, libri e banche dati
  5. direzione o coordinamento editoriale di riviste, periodici, libri, giornali cartacei e on line, banche dati
  6. gestione di rubriche tematiche o di risposta a quesiti e/o chat su riviste, periodici, libri, giornali, banche dati, portali, eccetera
  7. pareri giuridici pro veritate, redatti sia oralmente che per iscritto, anche se per il tramite di terze società o enti di servizio che curano la gestione verso l’utente finale

Si tratta di tipiche e pure prestazioni intellettuali svolte da professionisti, in relazione alle quali è assente ogni risvolto patrimoniale e finanziario (e quindi viene meno ogni ragione di un monitoraggio ai fini antiriciclaggio). Tali attività non consentono in alcun modo al professionista di entrare nel merito delle operazioni svolte dal committente, che in termini tecnici non rappresenta un “cliente” del professionista; esse comportano lo svolgimento di prestazioni a carattere didattico o divulgativo rivolte a terzi (discenti o lettori) che in nessun modo possono essere annoverati fra i clienti del professionista. Per gli stessi motivi, non possono essere considerati “clienti” l’editore o la società di formazione committenti con cui di norma il professionista non instaura alcun rapporto professionale, ma svolge solo una prestazione scientifico/didattica, ovvero limitata alla valutazione dell’argomento dell’articolo o dell’oggetto della divulgazione orale. In altri termini, in queste situazioni il professionista si limita ad eseguire una collaborazione/prestazione che gli viene commissionata, la quale non lo pone nelle condizioni di poter eseguire alcuna valutazione sul committente, casa editrice o società di formazione, né di entrare nel merito circa l’attività svolta da questi soggetti, che peraltro storicamente non sono mai stati ritenuti rischiosi ai fini del riciclaggio e del terrorismo internazionale per l’assoluta tracciabilità dei ricavi conseguiti e delle spese realizzate. Il professionista, in questi casi, acquisisce e conserva una copia dell’incarico professionale.

  1. componente di organismo di vigilanza (decreto legislativo n. 231/2001)

Si evidenzia che l’organismo di vigilanza costituisce un elemento essenziale del modello organizzativo, deputato a verificare la corretta attuazione del medesimo al fine di prevenire la commissione dei reati e le relative responsabilità dettate dalla disciplina di cui al decreto legislativo n. 231/2001 evitando, da un lato, possibili contestazioni della c.d. “colpa da organizzazione” e dimostrando, dall’altro, l’interesse della società al controllo sulla regolarità e sulla legalità del proprio operato. Nelle funzioni svolte dal componente di un organismo di vigilanza non è dato ravvisare qualsivoglia prestazione professionale con risvolti economici, finanziari o patrimoniali: non vi è ragione, dunque, per ritenere fondata in capo a quest’ultimo la sussistenza di obblighi di monitoraggio ai fini antiriciclaggio. Peraltro, gli organismi di vigilanza sono sempre a composizione variabile con componenti esterni o interni alle società: possono esserne parte tanto professionisti quanto soggetti non iscritti in albi, ma in possesso di specifiche competenze tecniche (esperti in materia di sicurezza, qualità, ambiente, eccetera) e funzioni interne delle società (internal audit piuttosto che compliance). Di conseguenza parrebbe illogico e non conforme alla disciplina vigente ipotizzare che nell’ambito di un medesimo organismo di vigilanza possano esservi componenti soggetti agli obblighi antiriciclaggio (i commercialisti) e altri esclusi [si pensi agli avvocati, la cui prestazione non rientrerebbe tra quelle indicate all’articolo 3, comma 4, lettera c), del decreto legislativo n. 231/2007]. In questi casi, il professionista acquisisce una copia della delibera del consiglio di amministrazione, della determina dell’amministratore unico, ovvero del verbale assembleare di nomina, da conservare nel fascicolo intestato all’ente che ne ha deliberato la nomina.

  1. invio telematico di bilanci (elenco soci, verbali di approvazione di bilanci, relazione dei sindaci e dei revisori) e pratiche varie agli uffici pubblici competenti (ad esempio le comunicazioni uniche d’impresa e gli invii assimilati)

Si tratta di mere funzioni operative di carattere telematico che nulla hanno a che vedere con le prestazioni professionali. L’esecuzione delle stesse non consente alcuna valutazione in merito alle operazioni del cliente e non rientra nell’ambito di applicazione degli obblighi antiriciclaggio. Si ritiene applicabile per analogia l’esonero previsto dall’articolo 17, comma 7, del decreto legislativo n. 231/2007 per le attività di redazione e trasmissione di dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali: non è richiesto, quindi, nessun adempimento.

  1. predisposizione presso gli uffici pubblici competenti (Siae, Ministero dello sviluppo economico, camera di commercio, eccetera) di pratiche di prima iscrizione e rinnovo per la tutela di diritti (marchi, diritti di privativa, brevetti, software)

Il professionista acquisisce una copia del documento di identità del cliente, da conservare nel fascicolo a lui intestato. Le tipologie di prestazioni professionali evidenziate, in linea di principio, non evidenziano alcun aspetto finanziario o economico-patrimoniale e non consentono la possibilità di valutare l’ambito operativo del committente in relazione alla tipologia di prestazione resa. In coerenza con le finalità della norma, dovendo l’adeguata verifica riguardare situazioni in cui il soggetto obbligato sia messo nelle condizioni di poter valutare gli aspetti giuridici, le scelte imprenditoriali, economiche, finanziarie e patrimoniali del cliente, tali prestazioni sono state classificate a rischio “non significativo”. Pertanto, si assume che l’adeguata verifica sia correttamente assolta con l’acquisizione dei documenti indicati. La rilevazione di un rischio “non significativo” si pone a valle di un processo di valutazione che, seppur non formalizzato, deve comunque essere svolto dal soggetto obbligato, il quale può adottare esclusivamente le regole di condotta sopra descritte (senza necessità, pertanto, di effettuare la compilazione della scheda di cui all’allegato AV.1 ai fini della formalizzazione della determinazione del rischio effettivo), salvo particolari situazioni. In altre parole, il professionista deve discostarsi dalle regole di condotta esposte in tabella n. 1, per adottare le misure di adeguata verifica, ordinaria o rafforzata, quando ritiene che il grado di rischio inerente si collochi ad un livello maggiore rispetto a quello “non significativo”: in tal caso, formalizza la determinazione del rischio effettivo mediante la compilazione della scheda di cui all’allegato AV.1 alle Linee guida.

Adeguata verifica necessariamente ordinaria o rafforzata

La regola tecnica n. 2 ha poi individuato una distinta serie di tipologie di prestazioni professionali, attribuendo, in via indicativa, uno specifico grado di intensità di rischio inerente (il professionista, a fronte di situazioni concrete di rischio diverso, deve provvedere a stimare il rischio inerente in misura differente rispetto a quanto esposto nelle Linee guida):

  1. amministrazione e liquidazione di aziende, patrimoni, singoli beni: rischio inerente “poco significativo”;
  2. amministrazione di società, enti, trust o strutture analoghe: rischio inerente “abbastanza significativo”;
  3. assistenza, consulenza e rappresentanza in materia tributaria: rischio inerente “poco significativo”;
  4. assistenza per richiesta finanziamenti: rischio inerente “abbastanza significativo”;
  5. assistenza e consulenza societaria continuativa e generica: rischio inerente “abbastanza significativo”;
  6. attività di valutazione tecnica dell’iniziativa di impresa e di asseverazione dei business plan per l’accesso a finanziamenti pubblici: rischio inerente “abbastanza significativo”;
  7. consulenza aziendale: rischio inerente “abbastanza significativo”;
  8. consulenza contrattuale: rischio inerente “poco significativo”;
  9. consulenza economico-finanziaria: rischio inerente “abbastanza significativo”;
  10. costituzione/liquidazione di società, enti, trust o strutture analoghe: rischio inerente “abbastanza significativo”;
  11. custodia e conservazione di beni e aziende: rischio inerente “poco significativo”;
  12. consulenza in operazioni di finanza straordinaria: rischio inerente “molto significativo”;
  13. tenuta della contabilità: rischio inerente “abbastanza significativo”;
  14. consulenza in materia di redazione del bilancio; rischio inerente “abbastanza significativo”;
  15. revisione legale dei conti: rischio inerente “abbastanza significativo”;
  16. valutazione di aziende, di rami d’azienda, di patrimoni, di singoli beni o diritti: rischio inerente “poco significativo”.

Estratto dell’Ebook “L’antiriciclaggio per i Commercialisti” di GBsoftware in collaborazione con il Dott. Manlio Mascolo

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