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Circolare settimana 35 GBsoftware in collaborazione con lo Studio Cialone Angiola

Podcast di informazione per Tributaristi e Fiscalisti, per darti un aggiornamento costante e quotidiano su Fisco e Lavoro.

Circolare settimana 35

Episodio 71 – Assegno di invalidità civile: come funziona e come chiederlo

L’assegno di invalidità civile è una prestazione di tipo economico che viene erogata dall’ente previdenziale INPS, come sostegno mensile per chi si trova in una condizione di invalidità che comporta come prima conseguenza l’impossibilità al lavoro o a parziale impossibilità. L’assegno mensile è erogato in favore dei soggetti ai quali è stata riconosciuta una riduzione parziale della capacità lavorativa (dal 74% al 99%) e con un reddito inferiore alle soglie previste annualmente dalla legge.

Cos’è l’assegno di invalidità civile

L’assegno di invalidità civile consiste in un’erogazione mensile a beneficio di chi ha una percentuale di invalidità almeno del 74%. Come spiega il portale INPS , non è prevista solamente l’erogazione dell’assegno economico, perché in base alla percentuale di invalidità sono introdotte anche altre misure come aiuto aggiuntivo:

  • Fino al 33% di invalidità non sono previsti benefici;
  • Dal 46% di invalidità: si prevede una assunzione agevolata tramite Centri per l’Impiego;
  • Dal 33% al 73% di invalidità: agevolazioni fiscali e assistenza sanitaria;
  • Dal 66% di invalidità: viene applicato l’esonero dai ticket sanitari;
  • Dal 74% al 100% di invalidità: si prevede l’erogazione degli assegni di invalidità civile.

Per chi si trova in una condizione di invalidità civile, è necessario ricevere la conferma da parte del medico, e documentare la sussistenza accertata dell’invalidità civile, come spiega l’INPS:

“Il riconoscimento dell’invalidità civile prende avvio con l’inoltro all’INPS del certificato medico introduttivo da parte del medico di base. Successivamente il cittadino, utilizzando il codice del certificato medico, inoltra la domanda di accertamento sanitario all’Istituto.”

L’assegno mensile di assistenza viene corrisposto per 13 mensilità a partire dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda o, eccezionalmente, dalla data indicata dalle competenti commissioni sanitarie.

Per l’anno 2021 l’importo dell’assegno è di 287,09 euro. Il limite di reddito personale annuo è pari a 4.931,29 euro.

Al compimento dell’età anagrafica per il diritto all’assegno sociale (per il 2021 è 67 anni), l’assegno mensile di assistenza si trasforma in assegno sociale sostitutivo.

Come funziona

L’assegno di invalidità civile è un’erogazione mensile a favore del soggetto che si trova in condizioni di disabilità, accertata anche dal medico di base e comunicata all’ente previdenziale. Tuttavia è necessario rispettare una serie di requisiti per ricevere l’erogazione mensile:

  • L’invalidità accertata deve attestarsi almeno intorno al 74%;
  • Mancata attività lavorativa in corso;
  • Il reddito non deve superare una certa soglia, che viene calcolata ogni anno. Nel 2021 si tratta di 4.931,29 euro;
  • L’età dev’essere compresa tra i 18 e i 67 anni;
  • Residenza nei confini italiani, o iscrizione all’anagrafe del comune di residenza, oppure permesso di soggiorno valido almeno per un anno;

Sulla base di queste condizioni, è possibile richiedere l’accesso all’assegno di invalidità civile mensile, anche se il soggetto si trova stabilmente in un istituto pubblico.

Chi presenta la domanda

Possono richiedere l’erogazione dell’assegno di invalidità civile come prestazione economica tutti i soggetti che si trovano in una situazione di invalidità confermata almeno del 74%, e per fare richiesta è possibile accedere alla propria area riservata del portale INPS oppure rivolgersi ad un ufficio competente.

Esistono molte tipologie di indennità per diversi soggetti che ne possono beneficiare, in base al tipo di invalidità. Uno di questi è l’indennità mensile di frequenza, un aiuto economico disponibile per i ragazzi che presentano disabilità fino a 18 anni, nel caso in cui la famiglia si trovasse in situazione di difficoltà economica.

L’indennità mensile di frequenza, come gli assegni di invalidità civile, è rivolta a tutti i ragazzi di età inferiore ai 18 anni, che si trovano in una condizione di invalidità. Si tratta di un aiuto che ha l’obiettivo di favorire l’inclusione sociale e nel sistema scolastico dei ragazzi. Le famiglie possono accedere a questa indennità nel momento in cui i ragazzi risultano impossibilitati a svolgere le normali attività.

Per questo tipo di indennità è necessario presentare anche una attestazione sullo stato reddituale della famiglia, perché si tratta di una particolare forma di aiuto alle famiglie in difficoltà economica.

Come fare domanda per l’assegno di invalidità civile?

Per ottenere la prestazione è necessario anzitutto che la minorazione sia stata riconosciuta nel verbale rilasciato dall’apposita Commissione medico legale al termine dell’accertamento sanitario. Nella domanda di avvio del procedimento devono essere inseriti anche i dati socioeconomici: eventuali ricoveri, svolgimento di attività lavorativa, dati reddituali, indicazione delle modalità di pagamento e della delega alla riscossione di un terzo o in favore delle associazioni.

L’iter di riconoscimento si conclude con l’invio da parte dell’INPS del verbale di invalidità civile tramite raccomandata A/R o all’indirizzo PEC (se fornito dall’utente) e resta disponibile nel servizio Cassetta postale online.

La domanda può essere presentata direttamente online sul sito dell’INPS, accedendo al servizio dedicato con le proprie credenziali, oppure tramite un ente di Patronato o un’associazione di categoria.

Ascolta l’episodio 71 – Assegno di invalidità civile, chiarimenti INPS 2021

Episodio 72 – Lettera di impegno all’assunzione: cos’è e come funziona

Quando trovi un potenziale dipendente, che ispira professionalità e fiducia, non vuoi certo perderlo. Hai bisogno di tutelarti. Allo stesso modo, un lavoratore che si trova a passare da un’azienda all’altra, vuole essere sicuro che non ci saranno imprevisti. È in questi casi che la lettera di impegno all’assunzione risulta utile, perchè consente di stipulare un accordo preliminare che dichiara gli intenti di entrambe le parti.

Dobbiamo Considerare questa lettera come un precontratto, che formalizza una serie di impegni tra azienda e futuro dipendente, prima di firmare un regolare contratto di lavoro.

I dubbi sulla validità della lettera di impegno all’assunzione sono le informazioni contenute nella sua stesura e la rilevanza nelle diverse casistiche in cui potresti trovarti. Quindi proviamo a fare un po chiarezza su ogni aspetto, per capire quali siano le responsabilità tra le parti.

Cos’è

La lettera di impegno all’assunzione è una scrittura privata che non richiede adempimenti amministrativi, come la comunicazione al centro per l’impiego o l’annotazione sul Libro unico del lavoro. È un vero e proprio accordo preliminare tra azienda e lavoratore, che può assumere 2 forme diverse:

  • sottoscritta da entrambe le parti, è un documento vincolante in vista della stipula del vero contratto, che dovrà poi essere firmato entro una data stabilita.
  • firmata solo dal datore di lavoro, diventa un atto unilaterale. Dunque, il lavoratore è libero di decidere se rispettarlo, oppure no.

In entrambi i casi, la lettera di assunzione non dovrà discostarsi troppo da quello che sarà definito nel contratto, per evitare eventuali incomprensioni. Quindi, è molto importante fare attenzione alle informazioni che andranno riportate nella sua stesura.

Nel momento in cui azienda e lavoratore sottoscrivono un contratto di lavoro, la lettera di impegno all’assunzione decade. Lascia spazio a quanto concordato e riportato nel contratto vero e proprio.

Quali elementi deve contenere la lettera di impegno.

È possibile realizzare una lettera di intenti all’assunzione a prescindere dal tipo di contratto che sarà stipulato, purché sia tutto specificato nella lettera stessa. quindi puoi sottoscrivere un accordo preliminare sia se devi assumere un dirigente che un apprendista, e sia nel caso di contratti a tempo determinato che indeterminato.

La differenza tra lettera di assunzione e contratto di lavoro, se firmati da entrambe le parti, è praticamente nulla, poiché hanno valenza giuridica e conseguono lo stesso scopo: l’inserimento del lavoratore all’interno dell’azienda.

la lettera di impegno all’assunzione è un precontratto vincolante stipulato durante la trattativa. Gli elementi che deve contenere sono:

  • dati identificativi dell’azienda e del lavoratore;
  • data di inizio del rapporto lavorativo e, nel caso di proposta con contratto a tempo determinato, anche la data in cui si concluderà.
  • durata del periodo di prova, se previsto;
  • tipologia di contratto collettivo, con inquadramento, livello, qualifica, mansioni del lavoratore, ecc.;
  • sede del luogo di lavoro e orario settimanale in cui il lavoratore svolgerà le sue mansioni;
  • retribuzione concordata; durata del periodo di ferie e loro fruibilità;
  • termini del preavviso in caso di recesso;
  • consenso al trattamento dei dati personali.

Inoltre, è possibile aggiungere altre clausole accessorie, come:

  • patto di non concorrenza; clausola penale in caso di inadempienza;
  • eventuali impegni di riservatezza.

Ai sensi dell’art. 4bis comma 2 D.Lgs. n. 181/00, il datore di lavoro è tenuto a fornire al lavoratore una serie di informazioni che saranno poi contenute nel contratto. Dunque, la lettera di impegno all’assunzione svolge perfettamente questa funzione: consente di riportare tali informazioni in forma scritta e formalizza un accordo vincolante tra le parti.

Cosa succede se non è rispettata dal lavoratore

La lettera di impegno all’assunzione è più di una proposta. È un precontratto che rappresenta una promessa di assunzione, in cui l’azienda tutela anche i propri interessi. nel caso in cui il lavoratore non rispetti gli accordi sottoscritti è obbligato a risarcire l’azienda per il danno creato.

Tuttavia, i possibili scenari che possono presentarsi nel caso in cui la lettera di impegno all’assunzione non sia rispettata dal lavoratore, sono 2:

  • è presente una clausola penale di risarcimento del danno a carico del lavoratore, che ne quantifica l’entità. L’azienda può procedere per richiedere un’ingiunzione di pagamento.
  • non è presente una clausola penale di risarcimento del danno a carico del lavoratore. L’azienda può agire in via giudiziaria, ma deve dimostrare di aver subito un danno e quantificarlo. Per esempio la perdita di tempo nella ricerca di una nuova risorsa da inserire in azienda.

Cosa succede se non è rispettata dal datore di lavoro

La lettera di impegno all’assunzione è uno strumento utile per tutelare l’azienda, alla ricerca di una risorsa da introdurre nel proprio organico, ma anche il lavoratore.

Tuttavia, può accadere che l’azienda decida, per vari motivi, di non rispettare la lettera di impegno all’assunzione. Cosa può fare il lavoratore?

Essendo un vero e proprio contratto preliminare, se il datore di lavoro non rispetta quanto sottoscritto nella lettera di impegno all’assunzione, compie un inadempimento contrattuale.

Quindi, il lavoratore diviene parte lesa. Può rivolgersi a un giudice per richiedere l’adempimento di quanto sottoscritto nel precontratto, o la risoluzione dello stesso, come previsto dall’articolo 1453 del codice civile.

Inoltre, ha il diritto di richiedere un risarcimento per il danno subito, anche se rinuncia a richiedere l’adempimento di quanto pattuito nella lettera di impegno all’assunzione.

La lettera di impegno all’assunzione è una scrittura privata che, se sottoscritta da entrambe le parti ha natura giuridica e vincolante. Una forma di tutela per l’azienda e il lavoratore, che consente di definire i confini del futuro rapporto lavorativo.

Tuttavia, non esistono specifiche norme di legge che disciplinino questa forma di scrittura privata applicata al rapporto di lavoro. Quindi, oltre a non esserci un obbligo giuridico di formalizzare l’impegno all’assunzione, in caso di contenzioso, è necessario fare riferimento alle norme del codice civile.

Episodio 72 – Lettera di impegno all’assunzione: cos’è e come funziona

Episodio 73 – Ravvedimento operoso: calcolo per omessi o insufficienti versamenti

Se hai omesso o effettuato in modo insufficiente un versamento erariale o di tributi locali puoi provvedere in modo autonomo alla regolarizzazione. Questa possibilità è concessa usufruendo dell’istituto del ravvedimento operoso, che consente ai contribuenti (sia privati che con partita IVA), di sanare errori e ritardi riguardanti il pagamento di imposte e tributi erariali.

L’utilizzo del ravvedimento operoso si perfeziona attraverso il versamento dell’imposta omessa e di una sanzione amministrativa ridotta in base al tempo intercorso tra la commissione della violazione e la sua regolarizzazione. sono dovuti anche interessi di mora in relazione al tempo trascorso. Il versamento deve essere effettuato utilizzando il modello F24, il modello F24 Elide, o il modello F23 (a seconda dei casi).

Il ravvedimento operoso è una possibilità offerta dalla normativa tributaria e che può essere sfruttata con vantaggio dai contribuenti fino a quando non siano iniziate attività di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Che cos’è il ravvedimento operoso per omessi o ritardati versamenti?

L’art. 13 del D.Lgs. n. 472/97 disciplina l’istituto del ravvedimento operoso, che consente all’autore (e ai soggetti solidalmente obbligati) di omissioni o di irregolarità, commesse nell’applicazione delle disposizioni tributarie, di rimediarvi, fruendo di rilevanti riduzioni delle sanzioni amministrative.

l’art. 13 del D.Lgs. n. 472/97 prevede che la sanzione amministrativa prevista per le violazioni tributaria sia ridotta proporzionalmente al tempo che intercorre dalla commissione della violazione. In particolare, la sanzione è ridotta:

  • Limitatamente alle violazioni sui versamenti, a 1/10 del minimo se il ravvedimento avviene entro 30 giorni dalla scadenza (lett. a);
  • Per tutte le violazioni sanabili, a 1/9 del minimo, se il ravvedimento avviene entro 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione o, quando non è prevista una dichiarazione periodica, da quando è stata commessa la violazione (lett. a-bis);
  • Per tutte le violazioni, a 1/8 del minimo, se il ravvedimento avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui la violazione è stata commessa o, quando non è prevista una dichiarazione periodica, entro un anno dalla violazione (lett. b);
  • Solo per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate e per tutte le violazioni, a 1/7 del minimo, se il ravvedimento avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello in cui la violazione è stata commessa, o, quando non è prevista una dichiarazione periodica, entro 2 anni dalla violazione (lett. b-bis);
  • Solo per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate e per tutte le violazioni, a 1/6 del minimo, se il ravvedimento avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello in cui la violazione è stata commessa o, quando non è prevista una dichiarazione periodica, oltre 2 anni dalla violazione (lett. b-ter);
  • Solo per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate e per tutte le violazioni con l’eccezione di alcune fattispecie relative agli scontrini fiscali, a 1/5 del minimo se il ravvedimento avviene dopo il processo verbale di constatazione (lett. b-quater);
  • Limitatamente all’omessa dichiarazione, a 1/10 del minimo se avviene entro 90 giorni dal termine per la presentazione (lett. c).

La sanzione base è quella del 30%.

Vantaggi e svantaggi del ravvedimento operoso

Attraverso l’utilizzo del ravvedimento operoso è possibile beneficiare di una sanzione amministrativa ridotta, variabile in base al tempo. In buona sostanza, maggiore è il tempo che intercorre tra la scadenza del versamento e la regolarizzazione, minore sarà la riduzione della sanzione ottenibile. In linea generale, la sanzione da ravvedimento è quasi sempre conveniente rispetto a quella ordinaria applicata dall’Amministrazione finanziaria in caso di controlli.

La cosa importante da considerare quando si parla di ravvedimento operoso è che ciascuna violazione commessa deve essere considerata autonomamente. Questo significa, indirettamente, che non è possibile usufruire del cumulo giuridico delle sanzioni (ex art. 12 D.Lgs. n. 472/97) che solitamente viene applicato dall’Amministrazione finanziaria quando notifica la violazione al contribuente.

prestate sempre la massima attenzione. Infatti, in alcuni casi il ravvedimento potrebbe rivelarsi meno conveniente rispetto alla definizione agevolata delle sanzioni o all’istituto dell’acquiescenza (ex art. 16 e 17 del D.Lgs. n. 472/97). In questi casi, la riduzione delle sanzioni è ad 1/3 della sanzione irrogata (e non del minimo), con possibilità di cumulo giuridico. Tuttavia, non vi è alcuna garanzia che l’Amministrazione finanziaria applichi sempre la sanzione minima prevista per la violazione commessa.

Quali gli effetti premianti del ravvedimento operoso?

Il ravvedimento operoso permette di rimuovere la violazione commessa dal contribuente. La rimozione della violazione consente di non poter essere applicate eventuali sanzioni accessorie oppure il fatto di poter successivamente considerare come “precedente” la violazione sanata con ravvedimento.

Ascolta l’episodio 73 – Ravvedimento operoso: cos’è e come si calcola

Episodio 74 – Come si compila un assegno bancario?

Vediamo più nel dettaglio cos’è l’assegno bancario e come procedere alla sua corretta compilazione.

Cos’è l’assegno bancario e quando utilizzarlo?

L’assegno bancario è un metodo con cui il cittadino può scegliere di procedere al pagamento di determinati beni o servizi.

Per l’assegno bancario tradizionale, il soggetto che lo compila per saldare un pagamento indica sul documento qual è la cifra che va a saldare, indipendentemente dalla banca che ha solo accettato inizialmente di erogare gli assegni al soggetto.

Questo vuol dire che il soggetto può incappare in sanzioni nel momento in cui sul conto corrente non è presente la cifra che si appresta a pagare tramite assegno bancario.

Diverso invece l’assegno circolare che presuppone un controllo in più della banca sulla cifra erogata tramite il pagamento, e la banca di fatto conferma che sul conto la cifra è presente.

Torniamo all’assegno bancario: si può facilmente utilizzare nel momento in cui si viene in possesso del blocco degli assegni fornito dalla banca. Il soggetto che riceve l’assegno compilato dal proprietario, può ritirare la cifra spettante consegnando a sua volta l’assegno ad una banca.

Le informazioni necessari per compilare correttamente un assegno bancario sono:

  • Il nome dell’intestatario del conto;
  • L’importo dell’assegno;
  • Il nome del beneficiario

Per un importo superiore ai 1.000 euro, sull’assegno deve essere specificata la clausola Non Trasferibile, mentre per in importi più piccoli, invece, l’assegno può essere sia trasferibile che non trasferibile.

Come compilare un assegno bancario correttamente

L’assegno bancario è uno strumento per il pagamento, relativamente disponibile a tutti, facendone richiesta alla banca. Compilarlo nel modo corretto nel momento in cui si deve saldare un pagamento o versare una certa cifra ad un soggetto è indispensabile, per evitare errori e garantire che la transazione vada a buon fine.

L’assegno bancario richiede alcune semplici informazioni, che devono essere scritte nel modo corretto e con una penna indelebile. Le tre informazioni principali che devono essere sempre presenti riguardano:

  • Soggetto a cui è intestato il conto bancario;
  • Soggetto beneficiario del pagamento;
  • Cifra relativa al pagamento.

Queste informazioni sono essenziali alla compilazione, ma non sono le uniche. Va anche inserito il dato relativo al luogo in cui viene emesso l’assegno, e la data di emissione. Queste informazioni sono altrettanto importanti per determinare il preciso momento in cui l’assegno bancario è stato erogato dal titolare del conto.

Per quanto riguarda la cifra da erogare tramite questo strumento, è solitamente richiesto che venga indicata sia in cifre che in lettere. Infine , chi emette questo assegno deve procere a firmare il documento che eroga, ed è consigliato anche selezionare la clausola che indica che l’assegno non è trasferibile ad altri soggetti.

L’assegno bancario ha una scadenza: come funziona

Per il soggetto che riceve un pagamento tramite assegno bancario, è importante sapere che esiste una scadenza, oltre la quale non è più possibile incassare l’assegno stesso. Per poter ritirare la somma dell’assegno, è necessario recarsi nella banca indicata dall’assegno stesso.

L’assegno bancario ha una scadenza, che dipende dal tipo di assegno. Nel caso in cui il comune in cui è stato emesso l’assegno coincida con quello del pagamento, ci sono otto giorni di tempo per poterlo incassare, mentre se non coincidono, il tempo arriva a 15. In questo periodo il soggetto che ha ricevuto l’assegno può recarsi alla banca di riferimento per incassare in denaro la cifra spettante, e i tempi sono pressoché immediati.

Trascorso il limite massimo permesso dalla scadenza, tuttavia, può accadere che la banca accetti comunque il pagamento dell’assegno, il termine temporale non è una discriminante assoluta, ma è consigliato in ogni caso ritirare la somma spettante nel più breve tempo possibile.

L’assegno circolare, a differenza dell’assegno bancario, garantisce un passaggio aggiuntivo: la banca effettua un controllo sul conto corrente del titolare che ha scelto di pagare con assegno bancario, per garantire al beneficiario la presenza della somma dovuta sul conto corrente. In questo caso viene applicato un controllo che garantisce la piena disponibilità del denaro, e si tratta di uno strumento in questo senso più sicuro rispetto al classico assegno bancario.

Sanzioni: quando vengono applicate

Il titolare del conto corrente che procede all’emissione di un pagamento tramite assegno bancario può incorrere in sanzioni, e nella sospensione della possibilità di continuare ad utilizzare gli assegni bancari dalla banca stessa. Questo accade quando il soggetto paga tramite assegno una cifra superiore alle disponibilità di liquidi presenti sul conto.

In questo caso il soggetto effettua un’azione a danno sia della banca che del soggetto a cui sta pagando l’assegno, perché quest’ultimo non potrà accedere alla cifra spettante. La sanzione può essere quindi sia in termini di denaro sia sotto forma di divieto ulteriore nell’utilizzo dello strumento dell’assegno bancario.

Ascolta l’episodio 74 – Assegno bancario: cos’è e come si compila

Episodio 75 – Avvisi bonari: cosa sono e come funzionano

Il blocco sull’invio degli avvisi bonari è ripartito Dopo l’approvazione in legge del Decreto sostegni 2021,ma con un leggero aiuto e sostegno, tenendo conto di questa crisi pandemica in atto ed introducendo una definizione agevolata degli avvisi bonari. I controlli automatizzati verranno effettuati direttamente dall’Agenzia delle Entrate e prevedono un controllo sulle dichiarazioni risalenti al periodo 2017 e 2018 ed elaborate entro la fine di dicembre 2020.

La ripresa degli invii è stata scaglionata in 3 fasi dove inizialmente le comunicazioni sono andate ai contribuenti non titolari di partita IVA, a seguire vengono i titolari di partita IVA non soggetti alla definizione agevolata, ed infine i titolari di partita iva che hanno diritto alla definizione agevolata degli avvisi bonari.

Vediamo come protagonisti di quest’ultima formula i possessori di partita IVA, i quali potranno usufruire di un pagamento ridotto qualora nell’arco del 2020 hanno avuto un calo d’affari di oltre il 30%, infatti gli verrà concesso di pagare solamente le imposte ed i relativi interessi.

Gli avvisi bonari verranno inviati direttamente dall’Agenzia delle Entrate con la misura agevolata unita alla comunicazione di irregolarità.

Nella norma dell’art.5 del Decreto Sostegni non c’è la presenza limitazioni a livello soggettivo, quindi possono usufruire della definizione agevolata degli avvisi bonari sia le persone fisiche sia le società di persone fisiche e di capitale.

I pagamenti possono essere effettuati sia in un’unica soluzione entro 30 giorni dal richiamo, sia in una forma di rateizzazione che prevede rate trimestrali pari a otto. Qualora non venisse versato l’importo richiesto verranno applicate le sanzioni ordinarie, con formule morose.

La possibilità di accedere alla definizione agevolata degli avvisi bonari partirà in automatico direttamente dall’Agenzia delle Entrate che, dopo aver verificato le irregolarità, provvederà a controllare i presupposti necessari per l’applicazione della normativa, quindi il contribuente non dovrà formulare nessuna richiesta ma solo impegnarsi a pagare entro i tempi stabiliti.

Cos’è un avviso bonario

Si tratta di una comunicazione di irregolarità trovata tramite i controlli automatici effettuati dall’agenzia delle entrate.

Il contribuente che riceve l’avviso può decidere sia di pagare le somma con una sanzione ridotta di un terzo rispetto a quella ordinaria, sia contestare il documento ricevuta fornendo le prove necessaria a sostenere il caso.

Le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni IVA sono soggette a controlli circa la liquidazione delle imposte dovute o dei rimborsi spettanti. Successivamente all’attività di liquidazione e circa le imposte sui redditi, le dichiarazioni, sulla base di criteri determinati dagli organi ministeriali, vengono sottoposte al c.d. “controllo formale”, il quale presuppone un’attività valutativa. questo procedimento lo sintetizzo così:

  • controllo automatico o formale;
  • comunicazione del c.d. “avviso bonario”;
  • in caso di mancata definizione dell’avviso bonario, iscrizione a ruolo delle somme e notifica della cartella di pagamento.

quando dai controlli automatici emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, viene comunicato al contribuente.

Definizione agevolata avvisi bonari

Gli avvisi bonari che rientrano a far parte della definizione agevolata stabilita tramite il Decreto Sostegni fanno riferimento agli articoli 36/bis D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis, D.P.R. n. 633/1972.

Si tratta di comunicati emessi per rendere noto al contribuente dell’attuazione controlli automatici sulla “base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria”.

Il periodo d’imposta a cui vengono applicati sono gli anni 2017 e 2018, un arco di tempo vastissimo da coprire. Non sono stati elaborati precedentemente a causa della sospensione dei termini prevista dall’articolo 157 del decreto Rilancio.

Quest’agevolazione riguarda la riduzione dei debiti che prevede una sanzione di 1/3 dell’importo totale più gli interessi maturati.

Chi sono i beneficiari

Possono accedere alla definizione agevolata degli avvisi bonari i possessori di partita IVA attiva quando il Decreto sostegni è entrato in vigore e , come dichiara direttamente il sito agenziaentrate.gov.it,

“hanno subito una riduzione del volume d’affari nel 2020 superiore al 30% rispetto al volume dell’anno precedente come risultante dalle dichiarazioni annuali IVA.”

Inoltre, la possibilità di rientrare in questa categoria include gli avvisi bonari datati agli anni d’imposta:

  • 2017 elaborati entro il 31 dicembre 2020 ma non inviati,
  • 2018, da elaborare entro il 31 dicembre 2021.

La definizione agevolata viene applicata direttamente dall’agenzia dell’entrate dopo aver effettuato i controlli dovuti.

come funziona

I contribuenti che rientrano i queste categorie hanno diritto in modo automatico all’applicazione della definizione agevolate degli avvisi bonari.

Ciò vuol dire che non dovrete compilare moduli o mandare domande, anzi, riceverete direttamente a casa due atti:

  • la comunicazione di irregolarità;
  • la proposta di definizione.

Le comunicazioni sono inviate direttamente tramite PEC, posta elettronica certificata, oppure su raccomandata con ricevuta di ritorno.

Come funzionano i pagamenti

Per il contribuente che ricevere la comunicazione di pagamento, i termini e le condizioni sono imposte da D.Lgs. 462/1997, ciò significa:

  • unica soluzione entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione;
  • suddivisione a rate, per un numero massimo di rate trimestrali pari ad 8, qualora il debito dovesse superare i 5.000 euro il massimo delle rate diventano 20 trimestrali.

Ricordiamo che la prima rata deve essere comunque pagata entro 30 giorni dalla ricezione del documento. Successivamente verrà applicato un interesse sui futuri pagamenti a base trimestrale. Gli interessi saliranno del 3,5% annuo, calcolati dal primo giorno del secondo mese successivo alla ricevuta della comunicazione.

Se le date di scadenza non verranno rispettate, l’Agenzia delle Entrate provvederà all’applicazione di sanzioni ordinarie previste per i versamenti d’imposta.

Si può anche decidere di contestare gli avvisi bonari ricevuti qualora si pensi che ci sia un errore. Dovranno essere fornite delle prove e la documentazione richiesta, segnalando direttamente all’Agenzia dell’Entrate presso l’apposito portale.

Ascolta l’episodio 75 – Avvisi bonari dell’agenzia delle entrate. Decreto sostegni 2021

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