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Note di variazione Iva art. 26 dpr 633/1973 in caso di esportatore abituale e nella crisi d’impresa.

In caso di variazioni dell’imponibile e dell’imposta riferite sia ad eventi che modificano rapporti già conclusi sia ad errori commessi in sede di fatturazione, registrazione o liquidazione dell’imposta, il contribuente può procedere alla rettifica dell’operazione (in aumento o in diminuzione) applicando le disposizioni previste dall’articolo 26 del Decreto Iva (DPR 633/1972).

Buon ascolto.

Podcast GBsoftware a cura del Dott.ssa Paparusso

Ascolta “Ep.71 Note di variazione IVA” su Spreaker.

Casistiche delle note di credito

Analizziamo di seguito quattro tipologie di note di credito:

  1. La prima tipologia è costituita dalle fattispecie di cui al comma 2 dell’articolo 26: si tratta delle vicende contrattuali per le quali si verificano le dichiarazioni di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili. In tali situazioni non vi è un vincolo legato al tempo che intercorre tra l’emissione della fattura e la vicenda contrattuale risolutiva. La nota va emessa entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno in cui l’evento si è verificato, e il diritto alla detrazione va esercitato entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di emissione della nota
  2. La seconda tipologia di note di credito è disciplinata dalla prima parte del comma 3 dell’articolo 26: è il caso del sopravvenuto accordo tra le parti o delle rettifiche di inesattezze di fatturazione. Il termine per l’emissione della nota di credito con Iva è di 12 mesi dal «momento di effettuazione dell’operazione», che è normalmente identificato dalla data di emissione della fattura da rettificare. Il diritto alla detrazione potrà poi essere esercitato più tardi in sede di dichiarazione relativa all’anno di emissione.
  3. La terza tipologia è costituita dalle note di variazione in diminuzione a fronte di credito, in caso di procedure concorsuali e paraconcorsuali (comma 3, lettera a). Si tratta di fattispecie ove la normativa è mutata per effetto del DL 73/2021, permettendo così di accelerare i tempi per l’emissione della nota in diminuzione.

Infatti, in base a tale novità, nei casi di procedure iniziate dopo la data del 26 maggio 2021, il termine per l’emissione della nota di credito decorre dalla data in cui il cessionario/committente è assoggettato alla procedura e si compie alla data di presentazione della dichiarazione Iva relativa a tale anno. Quindi il cedente o prestatore che non abbia incassato, totalmente o parzialmente il corrispettivo da un cessionario o committente, sottoposto a procedura concorsuale, potrà emettere la nota di variazione in diminuzione a partire dalla data in cui quest’ultimo risulti assoggettato alla procedura, mentre in passato l’emissione era subordinata all’infruttuosità della procedura.

  1. La quarta e ultima tipologia riguarda le procedure esecutive rimaste infruttuose (comma 3, lettera b). Anche in questo caso, occorre un attento monitoraggio: per recuperare l’Iva in detrazione occorre emettere nota di credito entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello in cui si è verificato uno dei tre eventi indicati dalla norma per poter considerare infruttuosa la procedura esecutiva.

Gli effetti delle note di variazione IVA sul plafond di esportatore abituale

L’emissione di note di debito o di credito può produrre effetti anche sul plafond di esportatore abituale. Più nel dettaglio, le note di accredito hanno l’effetto di ridurre l’ammontare delle operazioni originarie, di conseguenza tali operazioni “erodono” il plafond di competenza, ed in particolare qualora la nota di credito sia emessa nel corso dello stesso anno di effettuazione dell’operazione, comporta una riduzione del plafond disponibile per lo stesso periodo.

Al contrario, qualora la nota sia emessa in un periodo successivo, le ipotesi che possono verificarsi sono due:

  • la nota viene emessa il periodo successivo: essa deve comunque essere rapportata all’ammontare del plafond originato nell’esercizio precedente, in cui ha avuto luogo l’operazione principale. In questo caso se ne può tener conto nel prospetto di utilizzo del plafond;
  • la nota viene emessa in esercizi ancora successivi: in questo caso la riduzione del plafond avviene comunque per competenza. Potrebbe in questo caso verificarsi un’ipotesi di splafonamento laddove il soggetto passivo abbia già utilizzato per intero l’ammontare di plafond originariamente determinato. Si ricordi la prassi dell’Agenzia delle Entrate (circolare 13/E/1994) secondo cui le note di credito, anche se non emesse, essendo facoltative, riducono la disponibilità del plafond.

Crisi d’impresa, note di variazione IVA e soggetti legittimati

Il co. 3-bis, lett. a), dell’art. 26 del D.P.R. 633/1972, introdotto dal D.L. 73/2021 , stabilisce che il diritto all’emissione della nota di variazione IVA in diminuzione, di cui al precedente co. 2, è riconosciuto anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente, a partire dalla data:

  • in cui il debitore è assoggettato a una procedura concorsuale, individuata dal successivo co. 10-bis, se aperta dal 26 maggio 2021;
  • del decreto di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis del R.D. 267/1942, e artt. 48, 57, 60, 61 e 63 del D.Lgs. 14/2019);
  • di pubblicazione nel Registro delle Imprese di un piano attestato di risanamento (art. 67, co. 3, lett. d), L.Fall., e art. 56 del D.Lgs. 14/2019);

Pertanto ai sensi del co. 3-bis, lett. a), dell’art. 26 del D.P.R. 633/1972, i cedenti o prestatori che possono procedere all’emissione del documento di rettifica in diminuzione dovrebbero essere, limitando l’analisi alle procedure concorsuali maggiormente diffuse, i creditori alla data:

  • della sentenza dichiarativa di fallimento o di apertura della liquidazione giudiziale;
  • di deposito della domanda di concordato preventivo, con la possibilità, tuttavia, di emettere la nota di variazione IVA soltanto a seguito del decreto di ammissione alla procedura, che sancisce l’apertura della stessa.

Nel caso degli accordi di ristrutturazione dei debiti, invece, non essendo cambiata la normativa applicabile, ma soltanto il riferimento normativo (co. 3-bis, lett. a), in luogo del co. 2, dell’art. 26 del D.P.R. 633/1972), i soggetti legittimati all’emissione del documento di rettifica sono soltanto i creditori aderenti – spontaneamente, oppure “coattivamente” nell’ambito degli accordi ad efficacia estesa (art. 182-septies del R.D. 267/1942 e art. 61 del D.Lgs. 14/2019) – destinatari di una proposta di soddisfazione parziale (c.d. falcidiati). Per i creditori non aderenti agli accordi di ristrutturazione dei debiti (c.d. estranei), non dovrebbe, naturalmente, ricorrere il presupposto per l’emissione della nota di variazione IVA, in quanto devono essere soddisfatti integralmente, entro 120 giorni dalla scadenza del credito, oppure dall’omologazione se già scaduto a tale data. Il diritto alla rettifica potrebbe, pertanto, sorgere soltanto nel caso di mancata riscossione integrale nei suddetti termini, nonostante il decreto di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Analogamente, la nota di variazione IVA può essere emessa dai creditori del piano attestato di risanamento, purché sia pubblicato presso il Registro delle Imprese, ai quali sia stato proposto il pagamento parziale. Diversamente, nel caso di mancata iscrizione camerale del progetto di soluzione della crisi, troverebbe applicazione la disciplina di cui al co. 3, relativa agli accordi sopravvenuti tra le parti, che subordina il recupero dell’IVA alla condizione che non sia già trascorso un anno dall’effettuazione dell’operazione (art. 6 del D.P.R. 633/1972), altrimenti può essere emessa soltanto una nota di variazione “fuori campo IVA”

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