Problematiche Iva – La responsabilità per l’applicazione dell’aliquota ridotta nel settore dell’edilizia – 3
L’appalto per la costruzione di fabbricati rurali a uso abitativo, di opere di urbanizzazione, di edifici
destinati a collettività, per interventi finalizzati al superamento delle barriere architettoniche, per interventi
di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e urbanistica.
L’edilizia rurale è oggetto di agevolazione ai fini Iva soltanto per le costruzioni agricole destinate a uso abitativo del proprietario del terreno o di altri addetti alle coltivazioni dello stesso o all’allevamento del bestiame e alle attività connesse e sempre che ricorrano determinate condizioni. Anche un soggetto che non si occupa della coltivazione del terreno può richiedere l’applicazione dell’imposta al 4% per la costruzione dell’abitazione rurale, purché l’immobile venga poi utilizzato dall’affittuario del terreno o dai dipendenti dell’azienda.
La responsabilità per l’applicazione dell’aliquota ridotta nel settore dell’edilizia – 3
L’appalto per la costruzione di fabbricati rurali a uso abitativo, di opere di urbanizzazione, di edifici
destinati a collettività, per interventi finalizzati al superamento delle barriere architettoniche, per interventi
di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e urbanistica
7 L’appalto/subappalto per la costruzione di “fabbricati rurali” a uso abitativo
Come è noto, a partire dal 24 febbraio 1995 l’edilizia rurale è oggetto di agevolazione ai fini IVA soltanto per le costruzioni agricole destinate a uso abitativo del proprietario del terreno o di altri addetti alle coltivazioni dello stesso o all’allevamento del bestiame e alle attività connesse e sempre che ricorrano le condizioni di cui all’art. 9, comma 3, lettere c) ed e) del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito dalla legge 24 febbraio 1994, n. 133.
Più in particolare, le condizioni oggettive (si veda il capitolo 4) affinché si renda applicabile l’aliquota agevolata sono le seguenti:
- il terreno cui il fabbricato è asservito deve avere superficie non inferiore a 10.000 mq ed essere censito al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario. Qualora sul terreno siano praticate colture specializzate in serra, ovvero la funghicoltura, il limite viene ridotto a 3.000 mq;
- i fabbricati a uso abitativo, che hanno le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1 e A/8, ovvero le caratteristiche di lusso previste dal D.M. 2 agosto 1969, non possono comunque essere riconosciuti rurali.
Relativamente al terreno cui la costruzione è asservita si ribadisce che, comunque, deve trattarsi di terreno agricolo, atto alla produzione agricola e quindi produttivo di reddito agrario.
Non ha invece alcuna rilevanza la figura del committente della costruzione che normalmente è il proprietario del terreno.
Tuttavia, anche un soggetto che non si occupa della coltivazione del terreno può richiedere l’applicazione dell’IVA del 4% per la costruzione dell’abitazione rurale, purché l’immobile venga successivamente utilizzato dall’affittuario del terreno o dai dipendenti dell’azienda agricola.
Le imprese appaltatrici, quindi, per rendersi conto del sussistere delle condizioni oggettive, possono richiedere una visura del catasto terreni dove viene realizzata la costruzione e una copia del permesso di costruire rilasciata dagli uffici comunali.
Nella “dichiarazione”, inoltre è bene che il committente manifesti la volontà di destinare l’immobile ad abitazione delle persone addette alla coltivazione del fondo.
8 L’appalto/subappalto per la costruzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e quelle a esse equiparate e la realizzazione di edifici destinati a ospitare delle collettività
La voce 127-septies della Tabella A, parte III, allegata al D.P.R. 633/1972, dispone che agli appalti relativi alla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e quelle a esse equiparate nonché agli appalti concernenti la realizzazione di edifici di cui alla voce 127-quinquies si applica un’aliquota del 10% indipendentemente dai soggetti committenti.
L’applicazione dell’aliquota ridotta relativamente a questo tipo di appalti è dunque subordinata unicamente alla sussistenza del requisito oggettivo.
Anche in questo caso, per una corretta individuazione della costruzione, può essere utilizzato il permesso di costruire posto che esso è obbligatorio per tutti gli interventi edificatori che inducano una modificazione durevole dell’assetto del territorio e che, indipendentemente dai materiali e dalla tecnica costruttiva di realizzazione o dalla sua incorporazione al suolo, la costruzione abbia carattere di permanenza e di continuità d’uso.
Il permesso di costruire, quindi, è richiesto anche per quelle opere con caratteristiche non riconducibili a quelle di un edificio, come per esempio un impianto sportivo, una strada o un parcheggio.
Pertanto, se vi è rispondenza tra detto titolo abilitativo a effettuare i lavori che richiama una delle ipotesi della voce 127-quinquies e il tipo di prestazione effettuata, il committente può applicare l’aliquota ridotta.
È già stato detto che nelle ipotesi in cui viene commissionato un appalto per l’intera realizzazione dell’opera (si tratta dei cosiddetti appalti “chiavi in mano”) le imprese appaltatrici sono perfettamente in grado di verificare se la costruzione o il manufatto avrà, una volta ultimato, i requisiti richiesti per fruire dell’aliquota al 10% e, pertanto, a eventuali contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria, non è opponibile alcuna “dichiarazione” rilasciata dal committente.
Diversa è invece la posizione delle imprese che hanno ricevuto in appalto o in subappalto una parte dei lavori e che non hanno la materiale possibilità di verificare, al momento della fatturazione, la sussistenza dei requisiti per applicare l’aliquota ridotta del 10%.
In questo caso una “dichiarazione” dei committenti e una copia del permesso di costruire permettono alle imprese appaltatrici di effettuare gli opportuni riscontri tra i lavori effettuati e le richieste dei committenti.
9 L’appalto/subappalto per interventi finalizzati al superamento e alla eliminazione delle barriere architettoniche
Nella previsione di cui alla voce 41-ter della Tabella A, parte II, allegata al D.P.R. 633/972 rientrano tutte quelle prestazioni di servizi dipendenti da contratti d’appalto (o d’opera nel caso in cui il committente non si sia rivolto a un’impresa ma a un lavoratore autonomo quale, per esempio, un artigiano) aventi per oggetto la realizzazione delle opere finalizzate al superamento e alla eliminazione delle barriere architettoniche anche nell’ipotesi in cui tali operazioni concretizzino solamente un intervento di manutenzione ordinaria (per esempio, la realizzazione di una piattaforma mobile con interventi sul vano scala) in cui non è richiesto alcun titolo abilitativo.
Nella maggioranza dei casi, peraltro, i lavori posti in essere per adeguare l’edificio alle direttive di cui alla legge 9 gennaio 1989, n. 13 – “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati ” – sono subordinati alla denuncia di inizio attività o al permesso di costruire.
Tuttavia, come già detto nei precedenti capitoli, ciò dipende dal rilievo dell’intervento.
Per esempio, se quest’ultimo determina la realizzazione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento all’esterno della sagoma esistente è considerato di nuova costruzione (cfr. lettera e.1) art. 3 del D.P.R. 380/2001), per cui è necessario il permesso di costruire; diversamente la realizzazione di un impianto tecnologico, quale può essere l’installazione di un ascensore, che non alteri i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari, richiede solo la presentazione della denuncia di inizio attività.
Il titolo abilitativo, in queste fattispecie si dimostra dunque di sicuro ausilio per l’impresa appaltatrice (soprattutto in caso di appalti frazionati o di subappalti per la realizzazione dell’intervento) nel verificare se l’opera rientra tra quelle per il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche, per cui è opportuno richiederne una copia al committente unitamente a una dichiarazione.
Si rammenta, inoltre, che il Ministero dei lavori pubblici ha disciplinato la materia con decreto 14 giugno 1989, n. 236, pubblicato sul supplemento ordinario n. 47 alla Gazzetta Ufficiale n. 145 del 23 giugno 1989: “Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visibilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”, corredando il provvedimento della circolare esplicativa 22 giugno 1989, n. 1669/U.L.
10 L’appalto/subappalto per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui alla lettera b) dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 effettuati su edifici di edilizia residenziale pubblica
In precedenza si è già detto che la legge collegata alla finanziaria del 1998, intervenendo sulla Tabella A, parte III, allegata al D.P.R. 633/1972, ha introdotto a regime l’aliquota ridotta al 10% per le prestazioni di servizi aventi a oggetto gli interventi di manutenzione straordinaria su edifici di edilizia residenziale pubblica.
Giova ribadire che, a differenza di tutte le altre formulazioni utilizzate dal legislatore per circoscrivere l’applicazione dell’aliquota ridotta alle sole prestazioni di servizi effettuate in base a contratti d’appalto (subappalto o d’opera), in questa specifica fattispecie il legislatore omette il riferimento ai contratti d’appalto, per cui si era giunti alla conclusione che l’aliquota del 10% ha un ambito applicativo più ampio.
Si deve tenere a mente, inoltre, che l’art. 26 della legge 9 gennaio 1991, n. 10 assimila, a tutti gli effetti, gli interventi di utilizzo delle fonti rinnovabili d’energia, di cui all’art. 1 della medesima legge, svolti su edifici e impianti industriali, alla manutenzione straordinaria.
Pertanto, anche questi interventi beneficiano della riduzione di aliquota al 10%, sempre che, ovviamente, siano effettuati su edifici di edilizia residenziale pubblica.
Circa la corretta individuazione degli immobili oggetto della nuova disposizione si ricorda che il Ministero delle Finanze, con la risoluzione 22 luglio 1998, n. 86/ E ha chiarito che gli “edifici di edilizia residenziale pubblica” devono rivestire entrambe le seguenti caratteristiche: essere un edificio pubblico; essere un edificio residenziale.
Riguardo il titolo abilitativo si sottolinea che per questo tipo d’interventi è necessario possedere la denuncia di inizio attività a esclusione degli interventi di utilizzo delle fonti rinnovabili d’energia, di cui all’art. 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, che sono del tutto “liberi” vale a dire esclusi da qualsiasi controllo preliminare da parte dell’Amministrazione comunale.
In quest’ultima ipotesi, anziché richiedere una copia del titolo abilitativo, è opportuno che il committente rilasci una “dichiarazione” dove viene fatta menzione che l’intervento riguarda le fonti rinnovabili d’energia.
È bene avere presente, inoltre, che il committente i lavori può non coincidere con il titolare della licenza edilizia o di altro titolo abilitativo all’intervento poiché, come chiarito dal Ministero delle Finanze con la risoluzione 2 novembre 1988, n. 461666 è del tutto ininfluente ai fini dell’applicazione dell’IVA ad aliquota ridotta, la circostanza che gli immobili oggetto dell’intervento siano condotti in locazione e che sia il conduttore anziché il proprietario ad appaltarne i lavori e sopportarne l’onere.
11 L’appalto/subappalto per gli interventi di restauro e di risanamento conservativo, per gli interventi di ristrutturazione edilizia e per gli interventi di ristrutturazione urbanistica di cui rispettivamente alle lettere c), d), ed e) dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457
Come già rilevato in precedenza in tema di agevolazione valida per alcuni interventi effettuati su edifici a prevalente destinazione abitativa privata, l’aliquota ridotta al 10% nell’ambito degli interventi di recupero è limitato agli interventi di restauro e risanamento conservativo e agli interventi di ristrutturazione edilizia e di quella urbanistica: rispettivamente lettere c), d), ed e) della citata legge 457/1997.
Questi ultimi (gli interventi di ristrutturazione urbanistica) risultano assoggettati ad aliquota ridotta indipendentemente dal tipo di edificio (in caso di ristrutturazione urbanistica sono consentiti interventi anche su strade e altri tipi di opere, risoluzione 6 dicembre 1989, n. 550688) sul quale vengono effettuati e indipendentemente dal soggetto che li commissiona (risoluzione ministeriale 2 novembre 1988, n. 461666).
L’impresa appaltatrice, pertanto, deve verificare esclusivamente che l’intervento rientri in una delle tre citate ipotesi agevolate.
La cosa, peraltro, non è sempre agevole sia per quanto riguarda gli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica (emblematiche le tre risoluzioni ministeriali relative all’intervento di ristrutturazione edilizia su di un fabbricato industriale trasformato in albergo: risoluzioni 1 marzo 1993, n. 531543; 6 ottobre 1992, n. 531543; 7 marzo 1992, n. 501040), tuttavia utili riferimenti è possibile trovarli nei titoli abilitativi ai lavori.
Al riguardo si ricorda che richiedono il permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione urbanistica e le ristrutturazioni edilizie per così dire pesanti, dove l’intervento porta a un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente.
Per gli altri interventi di ristrutturazione edilizia per gli interventi di restauro e risanamento conservativo e per gli interventi di manutenzione straordinaria è richiesta la denuncia di inizio attività.
È quanto mai opportuno che l’impresa appaltatrice richieda una copia del titolo abilitativo indipendentemente dal fatto che i lavori siano stati commissionati in parte o completamente.
Come nelle altre fattispecie finora analizzate è bene che dei citati documenti venga fatta menzione nella “dichiarazione”.
12 L’acquisto di beni finiti diversi dalle materie prime e semilavorate
L’ipotesi in commento riguarda la cessione dei cosiddetti “beni finiti”: di quei beni, cioè, che incorporandosi nei fabbricati senza perdere la loro individualità, ne costituiscono elementi strutturali e quindi diventano parte integranti degli stessi.
Qualora tali beni concorrano alla costruzione di un fabbricato agevolato (per esempio un fabbricato “Tupini” o un fabbricato rurale a destinazione abitativa, un’opera di urbanizzazione), oppure a un intervento di recupero di cui alle lettere c), d) ed e), art. 31 della legge 457/78, la loro ultima fase di commercializzazione è assoggetta alla stessa aliquota a cui è assoggettata la costruzione dell’immobile o l’intervento di recupero.
Il Ministero in più occasioni (risoluzione 30 marzo 1998, n. 22/E; circolari 2 marzo 1994, n.1/E e 30 agosto 1987, n. 683/9516 ha ribadito altresì che l’applicazione dell’aliquota ridotta è subordinata al rilascio dell’acquirente e sotto la sua responsabilità di una “dichiarazione” circa l’utilizzazione dei beni ed è estensibile anche alle relative prestazioni di posa in opera da parte del soggetto cedente che si configurino come operazioni accessorie.
Come già ricordato estremamente chiara in questo senso la circolare 17 aprile 1981, n. 14/330342 con la quale il Ministero ha precisato che “ai fini della identificazione dei beni ammessi al suddetto particolare trattamento di aliquota vale il criterio – enunciato nella circolare n. 25 del 3 agosto 1979 – della permanenza del carattere della “individualità” dei beni stessi anche successivamente al loro impiego nella costruzione. Pertanto, non rientrano nell’ambito applicativo della disposizione di cui al citato art. 8, n. 5), quei beni che, pur essendo rodotti finiti per il cedente, costituiscono invece materie prime e semilavorate per l’acquirente, quali mattoni, maioliche, chiodi, tondini di ferro, calce, cemento, pozzolana, gesso ecc.; non rientrano parimenti quei beni ceduti a fini di commercializzazione. A titolo esemplificativo, possono considerarsi “beni” assoggettabili all’aliquota del 2% (ora 4%), purché, beninteso, risultino da dichiarazione dell’acquirente e sotto la sua responsabilità, forniti per la costruzione degli immobili agevolati, gli ascensori, i sanitari per bagno (lavandini, vasche, ecc.), i prodotti per impianti idrici, per gli impianti di riscaldamento (caldaia, elementi di termosifoni, tubazioni, ecc.), per impianti elettrici (contatore, interruttori, filo elettrico, ecc.), e per impianti del gas (contatore, tubazioni, ecc.) e le relative prestazioni accessorie di posa in opera ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. n. 633″.
Anche in questo caso, indipendentemente dalla “dichiarazione” di cui in premessa si sono evidenziati i limiti, per verificare se sussistono i requisiti oggettivi per applicare un’aliquota ridotta è necessario che il cedente richieda sempre una co- pia del titolo abilitativo ai lavori in modo da effettuare i necessari riscontri tra quanto dichiarato dal cliente e l’effettivo impiego dei beni acquistati. Nel caso i beni vengano ceduti con posa in opera o direttamente sul cantiere è opportuno allegare alla documentazione da conservare anche copia del documento di trasporto.
13 La modifica dell’originaria destinazione di fabbricati non ultimati acquistati con aliquota ridotta
L’ultima ipotesi che occorre esaminare concerne la modifica di destinazione, rispetto a quella originaria, di fabbricati acquistati non ultimati con la fruizione di un’aliquota ridotta.
Con la circolare 17 aprile 1981, n. 14/3303425, il Ministero delle Finanze ha stabilito, in capo al soggetto acquirente, l’obbligo di versare la differenza d’imposta dovuta sulla base di apposito documento sul quale devono essere indicati gli estremi della/e fattura/e di acquisto del fabbricato non ultimato.
Indubbiamente tale procedura non coinvolge il cedente che dovrà soltanto integrare le fatture di vendita, emesse sulla base della comunicazione da parte dell’acquirente a seguito dell’intervenuta variazione.
14 Considerazioni conclusive
Con le varie “dichiarazioni” fin qui riportate si è cercato di offrire una soluzione esauriente per delimitare l’ambito della responsabilità nell’applicazione dell’aliquota ridotta.
È di tutta evidenza, peraltro, che la “tenuta” delle stesse subisce la concreta verifica nella fase patologica del rapporto con il fisco, allorché l’Amministrazione finanziaria giunge a contestare il comportamento degli operatori.
L’instaurarsi di questa fase contenziosa richiede un’ulteriore precisazione circa i ruoli, gli oneri e le responsabilità fino all’esaurimento della stessa.
Da ciò l’esigenza di completare il testo di tutte le “dichiarazioni” precedenti con un’ulteriore puntualizzazione, con la sola esclusione della clausola da inserire nei preliminari per l’acquisto di una abitazione con l’agevolazione “prima casa”.
3 – fine. Le prime due puntate sono state pubblicate mercoledì 1 e venerdì 3 giugno