Una delle più importanti novità della riforma è il nuovo regime fiscale previsto per gli enti del Terzo settore (Ets), la cui disciplina è contenuta nell’art. 79 del codice del Terzo settore (Cts).
Esso prevede una distinzione fondamentale tra “Ets non commerciali” ed “Ets commerciali”.
Buon ascolto.
Podcast GBsoftware a cura del Dott.ssa Paparusso
Ente commerciale o non commerciale
Per qualificare un Ets come “commerciale” o “non commerciale” occorre procedere a “pesare su una bilancia” le entrate che esso ha avuto durante l’esercizio, secondo le regole definite dal codice del Terzo settore. A tale fine occorre anzitutto definire la commercialità o meno di ogni singola attività di interesse generale svolta dall’ente, secondo i criteri di calcolo previsti dalla nuova normativa. Una volta definita la commercialità o non commercialità dell’Ets nel suo complesso, si procederà a determinare il reddito imponibile, sul quale verranno calcolate le imposte da versare.
Si rammenta che ad oggi la Commissione europea non ha dato la propria autorizzazione all’avvio della parte fiscale del codice del Terzo settore, pertanto questa parte non è ancora applicabile, e lo sarà solo nel periodo di imposta successivo a quello in cui la Commissione europea avrà dato la propria autorizzazione.
L’inquadramento della fiscalità in materia di imposte dirette degli ets trova riscontro nell’art. 79 del D.lgs 117/2017 il quale con modalità nuove, classifica un ente come commerciale e non commerciale. Al fine di esaminare compiutamente la norma, non possiamo precidere dall’esame delle norme del tuir che qualificano un ente come commerciale o non commerciale.
L’art 79 c.1 D. Lgs 117/2017 effettua un espresso richiamo alle norme del Titolo II D.P.R. 917/1986 in quanto compatibili per gli ETS diversi dalle imprese solidali per i casi in cui non dispongono le norme del titolo X del CTS stesso. Nel Tuir è l’art. 73 c.1 lett. C) che definisce le regole in funzione delle quali ad un ente può essere attribuita la qualifica di un “ente non commerciale”. Ove le verifiche effettuate ai sensi dell’art. 73 c.1 lett. C) non conducano ad un esito positivo l’ente dovrà essere qualificato come “commerciale”.
Per qualificare un ente come non commerciale va esaminato in primo luogo l’oggetto esclusivo o principale, questo coincide con l’attività essenziale per il raggiungimento degli scopi e la finalità dell’ente. Per un ETS l’analisi della commercialità o meno è effettuata sulla base delle regole contenute nell’art. 79 cts.
Grande novità della riforma è la possibilità per un Ets di qualificarsi come “commerciale” e non perdere la qualifica di “ente del Terzo settore”. Vi è poi un fondamentale cambio di paradigma circa l’individuazione della commercialità o meno di un’attività: se nell’attuale regime l’attenzione deve essere rivolta al “tipo di attività svolta”, con la riforma si pone l’attenzione alle “modalità” con cui viene svolta la stessa attività. Nel nuovo regime, inoltre, ai fini della commercialità dell’ente vengono presi in considerazione criteri puramente quantitativi e numerici per valutare o meno la commercialità di un’attività (pur potendo attribuire valore “numerico e quantitativo” ai costi e proventi “figurativi”). Nell’attuale impostazione oggi vigente invece, ai fini della valutazione o meno della commercialità di un ente, i numeri vengono considerati come indici di commercialità, che deve comunque essere valutata nell’ambito di un giudizio complessivo sull’attività effettivamente esercitata. A seguito della operatività del Runts, gli Ets sono esonerati dalla presentazione del modello Eas.
Al fine di determinare la qualifica fiscale di un ente del Terzo settore occorre partire dal definire la commercialità o meno, ai fini Ires, delle singole attività di interesse generale svolte.
Sono considerate non commerciali le attività di interesse generale (Aig) svolte con le seguenti modalità:
- a titolo gratuito;
- dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi (si intendono non solo i costi di diretta imputazione ma anche tutti quelli imputabili alle attività di interesse generale e, tra questi, i costi indiretti e generali, ivi compresi quelli finanziari e tributari), tenuto conto anche degli apporti economici delle pubbliche amministrazioni, anche sovranazionali o straniere, e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento;
- qualora i ricavi, di cui al precedente punto, non superino di oltre il 6% i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre tre periodi d’imposta consecutivi (art.79, c.2-bis). Si comprende quindi come l’ente dovrà quindi anzitutto “perimetrare” in maniera corretta e puntuale le singole attività di interesse generale svolte, individuando i ricavi e i costi pertinenti a ciascuna. È evidente come, nella nuova impostazione prevista dal codice del Terzo settore, ciò che rileva per determinare la commercialità o meno delle singole attività di interesse generale siano le modalità concrete con cui esse vengono svolte.
MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITÀ | NATURA DELL’ATTIVITÀ |
A titolo gratuito | Non commerciale |
Corrispettivi + contributi singola Aig ≤ costi effettivi | Non commerciale |
Corrispettivi + contributi singola Aig > costi effettivi (ma il totale dei ricavi non sono superiori di oltre il 6% dei costi per max tre esercizi consecutivi) | Non commerciale |
Corrispettivi + contributi singola AIG > costi (non rispettando i parametri di cui all’art.79, c.2-bis del Cts) | Commerciale |
Sono considerate sempre non commerciali, indipendentemente quindi dal rispetto dei criteri appena menzionati:
- l’attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale, se svolta direttamente da un Ets per il quale essa rappresenti la finalità principale e purché tutti gli utili siano interamente reinvestiti nell’attività di ricerca e nella diffusione gratuita dei risultati, e non vi sia alcun accesso preferenziale da parte di altri soggetti privati alle capacità di ricerca dell’ente e ai risultati prodotti. Tale attività è considerata non commerciale anche quando è affidata da un Ets ad università ed altri organismi di ricerca che la svolgono direttamente in ambiti e modalità definite dalla legge;
- gli interventi e servizi sociali, le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, se esercitate da fondazioni ex Ipab, a condizione che gli utili siano interamente reinvestiti nelle suddette attività e che non sia previsto alcun compenso a favore degli amministratori.
Deroghe: attività non commerciali
Il codice del Terzo settore considera non commerciali, ai fini delle imposte sui redditi, alcune specifiche attività qualora siano svolte da organizzazioni di volontariato (Odv) e associazioni di promozione sociale (Aps). Sia per le Odv che per le Aps non è considerata commerciale l’attività di vendita di beni acquistati da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che: a) la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario b) la vendita sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato.
Solo per le Odv vengono considerate non commerciali, se svolte senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato:
- la cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
- la somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili, a carattere occasionale.
Solo per le Aps, invece, sono considerate non commerciali:
- le attività istituzionali svolte dietro corrispettivo nei confronti degli iscritti, degli associati e dei familiari conviventi degli stessi, ovvero degli associati di altre associazioni di promozione sociale che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o iscritti e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali, ovvero nei confronti di enti composti in misura non inferiore al 70% da enti del Terzo settore;
- le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi, verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali. Lo svolgimento delle attività soprariportate, se effettuate nel rispetto delle condizioni e delle modalità previste dalla norma, non determina pertanto svolgimento di attività commerciali indipendentemente dall’ammontare dei corrispettivi percepiti dagli associati. Tali contributi-corrispettivi sono pertanto al di fuori, per espressa previsione di legge, dall’impianto di verifica sulla commercialità essendo appunto non-commerciali. È evidente che, qualora le stesse attività non fossero rivolte ad associati ma a terzi, saranno sottoposte al test della commercialità di cui all’art. 79 commi 2 e 2 bis del Cts, potendosi qualificare come commerciali o non commerciali in ragione della (eventuale) marginalità prodotta.
Deroghe: attività commerciali per APS
Si ricorda che, in ogni caso e in deroga a quanto detto soprariportato circa le Aps, si considerano comunque commerciali, ai fini delle imposte sui redditi, le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, le somministrazioni di pasti, le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali nonché le prestazioni effettuate nell’esercizio delle seguenti attività: a) gestione di spacci aziendali e di mense; B) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; d) pubblicità commerciale; e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari. Solo per le Aps ricomprese tra gli enti assistenziali riconosciuti dal ministero dell’Interno, si considerano non commerciali la somministrazione di alimenti e bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale da bar ed esercizi similari, oltre che l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, a condizione che: • tali attività siano strettamente complementari a quelle istituzionali e siano nei confronti degli iscritti, dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, o di altre associazioni di promozione sociale che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o iscritti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, ovvero ancora nei confronti di enti composti in misura non inferiore al 70% da enti del Terzo settore; • non ci si avvalga di strumenti pubblicitari o comunque di diffusione di informazioni a terzi, diversi dagli associati. La decommercializzazione della cessione a terzi di proprie pubblicazioni (art.85, c.2), oltre che quella relativa alla somministrazione di alimenti e bevande e all’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici (art.85, c.4), sono concesse solo alle Aps, ai sensi e nei limiti della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, con particolare riferimento alle disposizioni concernenti gli aiuti “de minimis”, intendendosi gli aiuti di Stato che non superano un importo prestabilito concessi a un’impresa unica in un determinato arco di tempo.
IL CALCOLO DELLA NATURA FISCALE DELL’ETS Una volta definita puntualmente la natura (commerciale o non commerciale) delle singole attività di interesse generale, si dovrà verificare la natura fiscale dell’ente del Terzo settore procedendo a “pesare” tutti i ricavi e i proventi da esso generati durante l’esercizio sulla base delle regole delineate dall’art. 79 del codice del Terzo settore. Il codice definisce come “commerciale” un Ets qualora i ricavi delle attività di interesse generale svolte con modalità commerciali (quindi non nel rispetto dei criteri menzionati sopra) nonché i ricavi da attività diverse siano superiori, nel periodo di imposta, alle entrate derivanti da attività non commerciali. Per queste ultime il codice intende i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative e ogni altra entrata ad esse assimilabile, oltre ovviamente ai proventi da attività di interesse generale svolte con modalità non commerciali (si vedano i paragrafi precedenti). Va considerato tra le entrate non commerciali anche il valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività svolte con modalità non commerciali, cioè i cosiddetti proventi figurativi. Per quanto riguarda le sponsorizzazioni, esse non vengono pesate fra le attività diverse e quindi non rilevano ai fini del calcolo della commercialità o meno dell’ente. Con la tabella sottostante si vuole esemplificare in forma grafica quanto detto sin qui, immaginando che le due colonne siano i due piatti di una bilancia su cui pesare le entrate dell’Ets.
BILANCIA DELLE ATTIVITA’ DELL’ETS | |
---|---|
ENTRATE NON COMMERCIALIPROVENTI (PIATTO A) | ENTRATE COMMERCIALI-RICAVI (PIATTO B) |
Attività di interesse generale svolte con modalità non commerciali (nel rispetto dell’art.79, commi 2, commi 2, 2-bis e 3) | Attività di interesse generale svolte con modalità commerciali (quindi non nel rispetto dell’art.79, commi 2, commi 2, 2-bis e 3) |
Contributi, sovvenzioni, liberalità, quote associative (ed altre entrate assimilabili) | Attività diverse (escluse le sponsorizzazioni) |
Valore normale delle cessioni o prestazioni gratuite (proventi figurativi) |
Qualora, al termine del conteggio, le entrate di cui al “piatto A” siano prevalenti rispetto a quelle di cui al “piatto B”, l’Ets sarà considerato “non commerciale”; qualora invece a prevalere siano le entrate di cui al “piatto B” l’Ets sarà considerato “commerciale”. L’eventuale mutamento della qualifica, da “Ets non commerciale” a “Ets commerciale” (o viceversa) opera a partire dal periodo di imposta in cui l’ente assume la “nuova” qualifica”. Tale disposizione può creare notevoli complicazioni da un punto di vista pratico, dato che molti enti potranno essere certi della loro qualifica fiscale solo ad esercizio terminato: qualora un Ets si rendesse conto del cambio di qualifica, ad esempio da “non commerciale” a “commerciale”, dovrebbe considerarsi retroattivamente come “Ets commerciale”, con pesanti conseguenze soprattutto in termini di ricostruzione del suo regime contabile e fiscale.
Per tale motivo questa disposizione così stringente è stata in parte mitigata ed è stato previsto che per i due periodi di imposta successivi all’anno in cui la Commissione europea concederà la propria autorizzazione il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo di imposta successivo a quello in cui sono superati i parametri della commercialità. Di difficile collocazione appaiono oggi le entrate da raccolte pubbliche di fondi effettuate occasionalmente e i contributi e gli apporti da pubbliche amministrazioni, le quali sono al contempo definite come “non commerciali” ai fini del calcolo della natura dell’Ets e “non imponibili”, cioè che non concorrono alla formazione del reddito dell’ente: per tale motivo si è scelto di non collocarli all’interno della tabella. Appare comunque necessario che, su questo come su altri profili del regime fiscale, il legislatore intervenga per fare la dovuta chiarezza. Si segnala infatti che, con legge delega del 9 agosto 2023 n. 111, il Governo è stato delegato ad attuare provvedimenti circa la riforma fiscale in generale. Tra i principi generali a cui il Governo dovrà attenersi si pone l’attenzione sulla razionalizzazione e semplificazione del sistema tributario anche con riferimento alla normativa fiscale degli Ets e di quelli non commerciali.
L’art. 82 D. Lgs. 117/2017 consente agli ETS (comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società) di godere di una serie di agevolazioni in materia di imposte indirette e tributi locali.
Regime Fiscale
Una volta definita la commercialità o non commercialità dell’Ets si procederà a determinare il reddito imponibile, sul quale verranno calcolate le imposte da versare. Se l’Ets è “non commerciale” saranno tassati, ai fini delle imposte sui redditi, solamente i ricavi derivanti da attività di interesse generale svolte con modalità commerciali e quelli da attività diverse. All’interno di questi ultimi rientrano anche gli eventuali ricavi da sponsorizzazioni: essi, come detto, non rilevano ai fini del calcolo della commercialità dell’ente ma la loro natura rimane di per sé commerciale e quindi devono essere sottoposti a tassazione. I redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte di Odv, Aps, enti filantropici e società di mutuo soccorso sono esenti da Ires. Per gli Ets non commerciali il codice prevede un apposito regime forfetario agevolato di tassazione. Qualora invece l’Ets si qualifichi come “commerciale”, andranno ricomprese a tassazione tutte le entrate avute nel corso dell’esercizio, comprese quelle non commerciali: per tali Ets non è previsto alcun regime di tassazione agevolata.
Gli Ets che svolgono attività commerciale hanno l’obbligo di dichiarare nel modello unico i redditi conseguiti nell’esercizio e compilare il modello Irap laddove sia previsto dalla normativa vigente, oltre che mettere in atto gli altri adempimenti previsti dal proprio regime fiscale.
Decorrenza
A decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione Europea di cui all’art. 101, c. 10 D.Lgs. 117/2017 e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo a quello di operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore (la data dell’operatività RUNTS è il 23.11.2021), i beneficiari sono tutti gli Enti del Terzo settore, comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società. Nonostante si tratti di una norma fiscale contenuta nel titolo X del codice del Terzo settore, le disposizioni previste sono già vigenti per alcune categorie di enti.
L’art. 104, c. 1 del codice del terzo settore, prevede, l’applicazione in via transitoria, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2017 e fino al periodo d’imposta di entrata in vigore delle disposizioni di cui al titolo X, alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale, iscritte negli appositi registri nonchè gli ETS già iscritti al RUNTS.
Beneficiari
Il c. 1 dell’art. 82 dispone che i beneficiari delle agevolazioni contenute nella norma siano tutti gli enti del Terzo settore, incluse le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società. •Ad eccezione dei cc. 3, 4 e 6 della disposizione, i quali si applicano rispettivamente anche alle imprese sociali (cc. 3 e 4) e solo agli ETS non commerciali (il c. 6).
Pertanto, la norma prevede che:
- a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di autorizzazione della Commissione europea di cui all’art. 101, c. 10, le disposizioni si applicheranno a tutti gli ETS, incluse le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società (salvo quanto previsto dal cc. 3, 4 e 6);
- a decorrere dal 1.01.2018 e fino al periodo di imposta successivo a quello di autorizzazione della Commissione europea di cui all’art. 101, c. 10, le disposizioni si applicano in via transitoria ad Onlus, ODV e APS iscritte negli appositi registri, nonchè gli ETS già iscritti al RUNTS.
Vantaggi fiscali
successioni e donazioni
L’articolo 82 comma 2 del cts prevede l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni e alle imposte catastali e ipotecarie per i trasferimenti a titolo gratuito in favore degli ETS beneficiari che li utilizzino per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
I trasferimenti a titolo gratuito effettuati in favore degli enti del Terzo settore, incluse le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società, non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni e alle imposte ipotecaria e catastale, a condizione che siano utilizzati ai sensi dell’art. 8, c. 1.
È essenziale che il trasferimento ricevuto a titolo gratuito deve essere utilizzato per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
imposta di registro, ipotecaria e catastale
L’articolo 82 ai commi 3 e 4 prevede l’applicazione in misura fissa dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali per gli atti costitutivi e le modifiche statutarie degli ETS beneficiari con previsione di esenzione totale dall’imposta di registro in presenza di alcune condizioni e con riferimento ad alcune tipologie di enti. L’applicazione di imposte di registro, ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa anche per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili o di diritti reali immobiliari di godimento in favore degli ETS beneficiari ed in presenza di alcune specifiche condizioni.
L’art. 82, c. 3 prevede agevolazioni in ordine a 3 specifiche situazioni:
- le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa per gli atti costitutivi e le modifiche statutarie, comprese le operazioni di fusione, scissione o trasformazione, poste in essere dagli ETS, incluse le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società;
- le modifiche statutarie di cui sopra sono, inoltre, esenti dall’imposta di registro se hanno lo scopo di adeguare gli atti a modifiche o integrazioni normative; Per tutti gli enti del Terzo Settore, comprese le imprese sociali, l’imposta di registro si applica in misura fissa agli atti, ai contratti, alle convenzioni e a ogni altro documento relativo alle attività di interesse generale di cui all’art. 5 svolte in base ad accreditamento, contratto o convenzione con le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c. 2 del D.Lgs. 30.03.2001, n. 165, con l’Unione Europea, con amministrazioni pubbliche straniere o con altri organismi pubblici di diritto internazionale. In particolare, le modifiche statutarie connesse all’entrata in vigore della riforma del Terzo Settore sono esenti dall’imposta di registro.
- sono, infine, esenti dall’imposta di registro gli atti costitutivi e quelli connessi allo svolgimento delle attività delle ODV. Tale previsione è stata introdotta dall’art. 26, c. 1 D. Lgs.105/2018, recante disposizioni integrative e correttive al codice del Terzo settore, il quale ripropone esattamente quanto già previsto dall’art. 8, c. 1 L. 266/1991. L’intenzione del legislatore della riforma, come specificato nella relazione illustrativa al D. Lgs. 117/2017, è infatti quello di ripristinare l’esenzione dall’imposta di registro vigente fino al periodo di imposta 2017. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con la nota n. 4314 del 18.05.2020, nella quale richiama la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 38 del 1.08.2011, conferma quanto già previsto per le ODV prima della riforma. In particolare, le ODV possono fruire dell’esonero dall’imposta di registro anche prima dell’iscrizione negli appositi registri, avendo l’obbligo di comunicare all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate l’avvenuta iscrizione al pertinente registro delle ODV. Questa posizione è stata, tra l’altro, confermata dalla stessa Agenzia delle Entrate con nota del 28.04.2020.
Il c. 4 dell’art. 82 prevede che per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e per gli atti traslativi o costituitivi di diritti reali immobiliari di godimento, disposti in favore di tutti gli enti del Terzo settore, incluse le cooperative sociali e le imprese sociali, le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applichino in misura fissa.
Condizione essenziale per il godimento dell’agevolazione è che i beni siano direttamente utilizzati, entro 5 anni dal trasferimento, in diretta attuazione degli scopi istituzionali o dell’oggetto sociale e che l’ente renda, contestualmente alla stipula dell’atto, apposita dichiarazione in tal senso.
In caso di dichiarazione mendace o di mancata effettiva utilizzazione del bene in diretta attuazione degli scopi istituzionali o dell’oggetto sociale, è dovuta l’imposta nella misura ordinaria, oltre ad una sanzione amministrativa pari al 30% dell’imposta e agli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata. Attenzione Le agevolazioni previste dal c. 4 sono le uniche agevolazioni, fra quelle previste dall’art. 82, che si applicano anche alle imprese sociali costituite in forma di società.
imposta di bollo
L’art. 82, c. 5 dispone che siano esenti dall’imposta di bollo gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonché le copie anche se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni, le attestazioni e ogni altro documento cartaceo o informatico in qualunque modo denominato posti in essere o richiesti dagli enti del Terzo settore, incluse le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società. L’esenzione era già prevista per le Onlus dall’art. 17 del D. Lgs. 460/1997, il quale rendeva esenti da imposta di bollo tutti gli atti, documenti, istanze, contratti, nonché copie dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti da Onlus. Questa formulazione lasciava aperti dei dubbi interpretativi in ordine ad alcune tipologie di documenti non espressamente citati dalla norma. L’art. 82, c. 5, prevedendo l’esenzione “per ogni altro documento cartaceo o informatico in qualunque modo denominato” scioglie ogni possibile dubbio interpretativo.
prodotti finanziari
I prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero dai soggetti di cui al c. 1 sono esenti dall’imposta sul valore dei prodotti finanziari esteri, di cui al c. 18 dell’art. 19 D.L. 6.12.2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22.12.2011, n. 214.
imu e altri tributi locali
Esenzione dall’IMU e dal tributo per i servizi indivisibili (abolito dal 2020) per gli immobili posseduti e utilizzati dagli ETS non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive e di culto. Art. 82, cc. 6 e 7.
Ai sensi dell’art. 82, c. 6 gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali del Terzo settore di cui all’art. 79, c. 5, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’ art. 16, c. 1, lett. a), L. 222/1985 (attività di religione o di culto), sono esenti dall’imposta municipale propria e dal tributo per i servizi indivisibili (abolito dal 2020). Sono soggetti ad imu ed altri tributi locali gli immobili posseduti dai partiti politici, i quali restano comunque assoggettati all’imposta indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’immobile [art. 7, c. 1, lett. i), del D. Lgs. 504/1992].
Affinché gli immobili non siano destinatari delle imposte locali, l’art. 82, c. 6 richiede che si verifichino tre condizioni:
- L’agevolazione spetta solo agli ETS non commerciali.
- Gli immobili devono essere destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività con modalità non commerciali.
- Le attività che danno luogo all’esenzione sono esclusivamente quelle richiamate dalla norma (assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive e di culto)
Per i tributi diversi dall’IMU e dalla TASI, il c. 7 dell’art. 82 prevede la facoltà per i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni di deliberare, nei confronti degli ETS che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, la riduzione o l’esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti. La disposizione è riferita ai soli enti del Terzo settore che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, di conseguenza non si applica alle cooperative sociali e alle imprese sociali. Attenzione Ai sensi dell’art. 88 D. Lgs. 117/2017, questa agevolazione rientra nei limiti degli aiuti cosiddetti “de minimis” e del regolamento UE 1408/2013 della Commissione europea.
dall’imposta sugli intrattenimenti
Per gli ETS è prevista l’esenzione dall’imposta sugli intrattenimenti in presenza di alcune condizioni ed esenzione dalle tasse sulle concessioni governative per gli enti beneficiari. Inoltre, le Regioni e le Province autonome possono prevedere l’esenzione da Irap per gli ETS beneficiari della norma. ð Art. 82, cc. 8, 9 e 10
Ai sensi dell’art. 82, c. 9 gli ETS, incluse le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società, sono esenti dall’imposta sugli intrattenimenti per le attività indicate nella tariffa allegata al D.P.R. 640/1972, a condizione che siano svolte occasionalmente o in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione e che dell’attività sia data comunicazione, prima dell’inizio di ciascuna manifestazione, alla SIAE.
IRAP
Il c. 8 dell’art. 82 prevede che le Regioni e le Province autonome possano disporre nei confronti degli ETS, incluse le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società, la riduzione o l’esenzione dall’Imposta regionale sulle attività produttive. Attenzione Ai sensi dell’art. 88 del D. Lgs. 117/2017, questa agevolazione rientra nei limiti degli aiuti cosiddetti “de minimis” e del regolamento UE 1408/2013 della Commissione europea.
Tassa sulle concessioni governative
L’ultimo comma dell’art. 82 prevede per gli ETS, comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società, l’esenzione dalle tasse sulle concessioni governative per i provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nella tabella prevista dal D.P.R. 641/1972
Nel momento in cui la nuova parte fiscale sarà pienamente applicabile, agli Ets non si applicheranno:
- gli artt. 143, c. 3, 144, commi 2, 5 e 6, e gli articoli 148 e 149 del Tuir;
- il cosiddetto “Regime 398” (previsto dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398 “Disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche”), il quale da quel momento sarà abrogato anche per le associazioni che non diventeranno Ets, con l’unica eccezione delle associazioni sportive dilettantistiche (Asd), alle quali tale regime continuerà ad applicarsi. Nel momento in cui la nuova parte fiscale sarà pienamente applicabile, saranno inoltre definitivamente abrogati:
- il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 “Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”: articoli da 10 a 29, fatto salvo l’articolo 13, commi 2,3 e 4;
- Legge 11 agosto 1991, n. 266 “Legge-quadro sul volontariato”: art.8, c.2 (primo periodo) e 4;
- Legge 7 dicembre 2000, n. 383, “Disciplina delle associazioni di promozione sociale”: articoli 20 e 21.
In materia di Iva, il mondo degli Ets, degli enti associativi e degli enti non commerciali in genere, è attraversato da un periodo di grandi cambiamenti. Tutto il mondo delle associazioni è profondamente interessato, in particolare, da quanto previsto dal decreto legge 146/2021 che modifica il regime Iva delle attività svolte. Dal 1° gennaio 2026 (salvo ulteriori modifiche) entrano in vigore le nuove disposizioni sul regime Iva per gli enti associativi che, in risposta alla procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea sul tema, passa dal regime di esclusione a quello di esenzione. La modifica del regime Iva di dette operazioni comporta non tanto effetti economici a carico di detti enti, quanto un rilevante aggravio degli adempimenti cui fare fronte. La realizzazione di operazioni Iva esenti, infatti, determina da una parte l’acquisizione di soggettività passiva Iva (laddove non fosse già presente), dall’altra la necessità di provvedere alla fatturazione, registrazione e dichiarazione delle operazioni interessate. Gli enti associativi che ad oggi non ne sono provviste, quindi, si troveranno a dover obbligatoriamente aprire la partita Iva. Oltre a tali variazioni, le organizzazioni di volontariato (Odv) e le associazioni di promozione sociale (Aps) sono interessate, già a partire dal 1° gennaio 2024, da ulteriori cambiamenti normativi. Il menzionato decreto legge 146/2021 prevede anche che alle Odv e alle Aps che abbiano conseguito nell’anno precedente ricavi, ragguagliati ad anno, pari o inferiori a 65.000 euro si applica, dal 1° gennaio 2024 e ai soli fini dell’Iva, il cosiddetto regime forfetario dei contribuenti minimi (disciplinato dall’art. 1, commi da 58 a 63, della legge 190/2014). Si ricorda che l’obbligo non coinvolge gli enti non profit che non svolgono alcun tipo di attività commerciale, e quindi sprovvisti di partiva Iva.
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