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Podcast GBsoftware a cura del Dott.ssa Paparusso

Ascolta “Ep.131 I lavoratori ed i volontari negli ETS inquadramento normativo” su Spreaker.

I rapporti di lavoro negli ETS: diverse tipologie

Dal combinato disposto normativo dell’articolo 8, comma 3 lettera b) e dell’articolo 16, del Codice, si evince che l’attività lavorativa nell’ambito degli ETS può essere svolta nelle forme seguenti:

  • lavoro subordinato: la prestazione si svolge in regime di subordinazione del lavoratore rispetto al datore di lavoro, anche nella forma della somministrazione di cui al D. Lgs. n. 81/2015, Capo IV; in tal caso il lavoratore opera sotto la direzione e il coordinamento dell’ETS, attraverso la stipula di un contratto a tempo pieno o parziale,
  • lavoro parasubordinato: si tratta di collaborazioni assimilabili al lavoro subordinato con caratteristiche intermedie tra quest’ultimo e il lavoro autonomo. La disciplina e la definizione sono contenute nell’art. 2 del D. Lgs. n. 81/2015; tale tipologia di lavoro si concretizza in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dall’ente committente anche con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro;
  • lavoro autonomo: secondo la definizione dell’art. 2222 del Codice Civile si sostanzia in una prestazione di lavoro prevalentemente personale, svolta senza alcun vincolo di subordinazione nei confronti dell’ETS a fronte della corresponsione di un compenso;
  • lavoro occasionale: forma di lavoro caratterizzato dall’occasionalità delle prestazioni, episodiche o saltuarie ammesse per datori di lavoro che rispondono a determinate caratteristiche dimensionali e nel limite di precisi limiti di compensi.

Il ricorso al lavoro remunerato comporta in capo agli ETS l’assoggettamento agli obblighi previdenziali, assicurativi e amministrativi previsti dalla vigente normativa in materia di lavoro e legislazione sociale per le diverse tipologie contrattuali, inclusi gli adempimenti di competenza dei sostituti d’imposta ai sensi del D.P.R. n. 600/73. È inoltre richiesto l’assolvimento degli obblighi previsti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, di cui al D. Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro).

Il lavoro subordinato

L’art. 2094 Codice Civile stabilisce che “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.

Il codice presenta una definizione della figura del prestatore di lavoro subordinato e non del lavoro subordinato, dalla definizione però si evincono le caratteristiche del lavoro subordinato:

  • orario di lavoro fisso e continuativo;
  • dipendenza gerarchica e assoggettamento del lavoratore alle direttive del datore di lavoro, ovvero stabile inserimento del lavoratore nella organizzazione imprenditoriale;
  • continuità della prestazione nel tempo;
  • natura personale della prestazione lavorativa;
  • luogo della prestazione presso la sede del datore di lavoro o altra sede da questi stabilita;
  • assenza del rischio economico in capo al lavoratore.

I contratti di lavoro dipendente possono essere classificati in:

  • Contratto di lavoro a tempo indeterminato;
  • Contratto di lavoro a tempo determinato;
  • Contratto a tempo parziale;
  • Apprendistato;
  • Contratto di lavoro intermittente;
  • Contratto di somministrazione.

La disciplina dei suddetti contratti è contenuta nel D. Lgs. n. 81/2015. E’ opportuno aggiungere alle forme contrattuali elencate, una “modalità” di lavoro subordinato, più che tipologia, divenuta un tema di grande attualità, ossia il lavoro agile, ormai comunemente definito smart working. Tale modalità si caratterizza per lo svolgimento della prestazione in parte all’interno ed in parte all’esterno dei locali aziendali e trova la sua disciplina nell’art. 18 e ss. della legge 22 maggio 2017, n. 81.

Il ricorso al lavoro agile impone al datore di lavoro di garantire al lavoratore un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato agli altri lavoratori con medesime mansioni che svolgono la propria attività lavorativa esclusivamente all’interno dell’azienda, o dell’ente.

Gli ETS possono ricorrere al lavoro agile quale forma di organizzazione del lavoro che svincola le persone da un luogo fisso e consente l’attività anche da remoto.

Il lavoratore degli Enti del Terzo Settore (ETS) è il soggetto che instaura con l’ente una qualsiasi forma di rapporto di lavoro sia esso subordinato che autonomo ovvero ogni altra forma di rapporto di lavoro retribuito.

Si rammenta, però, che tale condizione non è compatibile con quella del volontariato; pertanto, nessun lavoratore può essere contemporaneamente volontario nello stesso ente).

Gli elementi giuridici che caratterizzano la retribuzione possono essere riassunti come segue:

  • sufficienza: la retribuzione deve soddisfare le esigenze del lavoratore e della sua famiglia, per garantire loro un’esistenza libera e dignitosa;
  • proporzionalità: la retribuzione deve essere proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro prestato;
  • determinatezza e determinabilità: (art. 2099, comma 2 Codice Civile);
  • obbligatorietà: la retribuzione è un diritto irrinunciabile del lavoratore;
  • corrispettività: è il sinallagma del rapporto lavorativo che vede nella retribuzione l’obbligazione principale del datore di lavoro in cambio della prestazione lavorativa ricevuta;
  • continuità: la retribuzione spetta anche in alcuni casi di sospensione temporanea del rapporto di lavoro;
  • irrinunciabilità: il rapporto di lavoro si considera di carattere oneroso.

Il rapporto tra retribuzione e Terzo Settore trova la sua peculiare disciplina nelle disposizioni che il D. Lgs. n. 117/2017 ha dedicato al trattamento dei lavoratori occupati negli ETS.

Il Codice del Terzo settore, con particolare attenzione al trattamento normativo e retributivo applicabile ai lavoratori, determina un principio di carattere generale: i lavoratori degli ETS hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai:

  • contratti collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
  • contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria (art. 16).

L’art. 51 del D. Lgs. n. 81/2015 R individua la fonte collettiva applicabile alle singole fattispecie; tale articolo nel tempo ha acquisito una valenza sistematica e viene richiamato ormai dalla maggior parte dei provvedimenti normativi emanati successivamente alla sua entrata in vigore. Pertanto non è consentita agli ETS la stipula di un contratto di lavoro che preveda condizioni peggiorative rispetto al contenuto dei CCNL maggiormente rappresentativi, sia sotto l’aspetto retributivo che normativo.

In presenza di lavoratori subordinati o equiparati, l’ETS è tenuto ad assolvere agli obblighi generalmente previsti per i datori di lavoro in materia di salute e sicurezza, ossia:

  • impartire al lavoratore la formazione, informazione e l’addestramento;
  • l’obbligo di sottoporre il lavoratore al Controllo Sanitario;
  • fornire al lavoratore attrezzature e dispositivi di protezione (DPI) conformi ai rischi legati all’attività lavorativa;
  • predisporre le misure necessarie alla gestione delle emergenze e di primo soccorso;
  • nominare il Servizio di Prevenzione e Protezione e il Medico Competente;
  • effettuare la valutazione dei rischi (art. 28), compreso quello da stress lavoro-correlato, ed elaborare la relativa documentazione, con specifica delle misure di prevenzione e protezione da adottare.

Per gli ETS che operano in convenzione con enti pubblici o privati, questi ultimi devono fornire all’ETS le informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti nei quali i lavoratori sono chiamati ad operare, e sulle misure di tutela necessarie; quelle relative alle misure di emergenza da adottare e il nominativo dell’incaricato della sicurezza dell’Ente ospitante.
l’art. 16 del Codice del Terzo Settore, prevede inoltre che in ogni caso, in ciascun ETS, la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto 1 a 8, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda.

Tale disposizione stabilisce un criterio perequativo nella determinazione delle retribuzioni ed è stato di recente modificato dal decreto legge 4 maggio 2023, n. 48 (Decreto Lavoro) convertito con modificazioni dalla legge 3 luglio 2023, n. 85.

In proposito, con la circolare n. 2088/2020 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha precisato che il nuovo vincolo si applica soltanto ai rapporti di lavoro dipendente, sottoscritti a partire dal 3 agosto 2017 e il trattamento economico del nuovo rapporto di lavoro deve essere commisurato alla retribuzione più bassa già in essere presso l’ente.

La norma introdotta dal legislatore del 2017 va letta in combinato disposto con l’art. 8, comma 3 del Codice del Terzo Settore. Tale ultima disposizione, elenca una serie di concessioni economiche che si presumono riconducibili alla distribuzione indiretta di utili (fattispecie vietata), tra le quali la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D. Lgs. n. 81/2015, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’art. 5, comma 1, lett. b), g), h) (interventi e prestazioni sanitarie, formazione universitaria e post-universitaria e ricerca scientifica di particolare interesse sociale).

La soglia del 40% si computa con riferimento a quanto corrisposto per una determinata mansione sulla base dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Stante il generico richiamo al concetto di retribuzione, si ritiene che debba essere presa a riferimento a tal fine anche la parte variabile della retribuzione stessa, purché prevista dai contratti collettivi comprese eventuali somme aggiuntive previste dalla contrattazione territoriale o aziendale.

Il c.d. Decreto Lavoro ha modificato significativamente la disciplina testé riepilogata, nella parte in cui si definiscono i parametri che introducono precisi limiti retribuitivi per i lavoratori del Terzo settore. Di fatto, la rigidità delle disposizioni menzionate, con particolare riferimento al parametro uno a otto, sebbene finalizzata a evitare comportamenti fraudolenti, rappresentava un limite all’acquisizione di lavoratori con professionalità altamente qualificate che, ovviamente, richiedono retribuzioni più elevate. Si pensi, ad esempio, a quegli enti che operano nel campo della ricerca sanitaria e che attraggono lavoratori di elevate competenze proprio per la realizzazione degli scopi dell’ente medesimo.

Il Decreto, per evitare il pregiudizio alle attività dell’ente, ha previsto una deroga in presenza di “comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale” di cui all’art. 5, comma 1, lettere b), g) o h). In altri termini le nuove disposizioni consentono la disapplicazione della regola generale secondo cui la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti degli ETS non può essere superiore al rapporto di uno a otto.

Con la legge di conversione n. 85 del 3 luglio 2023, il legislatore è andato oltre, disponendo che in presenza di comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’art. 5, comma 1 (quindi non più con esclusivo riferimento alle attività indicate nelle lettere b), g) o h)) il rapporto è stabilito in uno a dodici e il riferimento alle lettere b), g) o h) viene espunto anche dall’art. 8 del Codice.

Ne deriva, quindi, che le comprovate esigenze che consentono il pagamento di retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto ai valori della contrattazione collettiva, ricomprendono tutte le attività elencate nell’art. 5, in deroga al principio secondo il quale la differenza retributiva tra i lavoratori dipendenti degli ETS non può essere superiore al rapporto uno a otto (elevato da uno a dodici in presenza di comprovate esigenze).

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