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La Corte costituzionale, con la Sentenza n. 137/2025, ha fornito importanti precisazioni sul rapporto tra il diritto del contribuente a non autoincriminarsi e l’obbligo di collaborazione con l’Amministrazione finanziaria.

La pronuncia, attesa da tempo, interviene sul delicato equilibrio tra esigenze di efficienza dell’attività di accertamento e tutela dei diritti fondamentali del contribuente, con specifico riferimento all’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973, che disciplina le richieste di informazioni e documenti da parte degli Uffici fiscali.

La Consulta tutela il diritto al silenzio del contribuente

Recentemente, la Corte costituzionale ha fatto chiarezza su un tema alquanto delicato, ovvero il dovere di collaborazione del contribuente nell’ambito delle indagini tributarie ex articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973.

La controversia in esame trae origine da un accertamento in materia di plusvalenze immobiliari. Il contribuente, destinatario di una richiesta istruttoria dell’Agenzia delle Entrate, non aveva trasmesso la documentazione nei termini previsti.

Pertanto, in applicazione del quarto comma dell’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973, l’Ufficio aveva escluso la possibilità per il contribuente di produrre tali documenti in sede contenziosa, determinando così una preclusione probatoria.

Il giudice investito del caso ha sollevato questione di legittimità costituzionalità, sostenendo che la norma, nel prevedere tale automatismo, comprimesse in modo eccessivo il diritto di difesa sancito dall’articolo 24 della Costituzione.

La Corte costituzionale ha confermato la legittimità della disposizione, ma ne ha fornito un’interpretazione costituzionalmente orientata precisando che le preclusioni istruttorie non possono assumere carattere punitivo o afflittivo.

Nello specifico, i giudici costituzionali hanno precisato che:

  • la mancata risposta a un invito istruttorio non può determinare automaticamente la perdita del diritto alla prova, ma deve essere valutata alla luce delle circostanze concrete, verificando se sussistano motivi oggettivi che abbiano impedito la produzione tempestiva dei documenti da parte del contribuente;
  • l’obiettivo della norma scrutinata (articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973) è quello di favorire un comportamento collaborativo del contribuente, non di sanzionarlo per un silenzio che, in determinate situazioni, può essere espressione del legittimo esercizio del diritto di difesa;
  • è necessario assicurare al contribuente un equilibrio tra il dovere di cooperazione e il diritto al silenzio, quest’ultimo inteso come espressione del principio del giusto processo tutelato anche dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo;
  • il contribuente non può essere obbligato a fornire elementi che possano determinare la propria responsabilità fiscale o penale, fermo restando che il diritto al silenzio non deve trasformarsi in uno strumento elusivo, e come tale idoneo a vanificare i poteri istruttori dell’Amministrazione finanziaria.

La Consulta ha pertanto individuato una zona intermedia: il contribuente deve rispondere alle richieste istruttorie in buona fede, ma conserva la facoltà di non produrre documenti quando ciò comporti un rischio di autoincriminazione.

In tali casi, la mancata collaborazione non può comportare preclusioni automatiche in sede amministrativa e contenziosa, ma deve essere esaminata in modo proporzionato e motivato.

La pronuncia si inserisce nel solco della giurisprudenza di legittimità (cfr., Corte di cassazione, sentenza n. 84/2021), che aveva già censurato l’automatismo delle preclusioni probatorie in assenza di garanzie adeguate, richiamando il noto principio nemo tenetur se detegere, corollario essenziale dell’inviolabilità del diritto di difesa ex articolo 24 della Costituzione.

La Sentenza n. 137/2025 consolida questo orientamento, ribadendo che il diritto di difesa deve sempre prevalere su ogni forma di rigidità procedurale.

  • Dal punto di vista pratico, la pronuncia invita gli Uffici ad un approccio più prudente nell’applicazione delle preclusioni probatorie.
  • In ambito processuale, il giudice tributario dovrà valutare caso per caso se la mancata produzione di documenti sia dipesa da un comportamento doloso o da una causa giustificata, garantendo un esame equilibrato tra le esigenze di accertamento e le tutele del contribuente.

Tale decisione segna un passaggio importante nel processo di evoluzione del diritto tributario costituzionale, in quanto riduce ulteriormente la portata applicativa della previsione di inutilizzabilità degli elementi informativi non consegnati in sede di controllo.

Il principio che emerge è chiaro: la collaborazione con l’Amministrazione resta un dovere, ma non può tradursi in un sacrificio dei diritti di difesa.

La Corte costituzionale apre così la strada a un sistema di indagini tributarie fondato sulla leale cooperazione, nel quale trasparenza e proporzionalità rappresentano le basi di un moderno rapporto tra Fisco e contribuente.

di Angelo Ginex

TAG Indagini Tributarie

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