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La differenza tra contributo corrispettivo e contributo non corrispettivo è importante ai fini della corretta qualificazione ai fini IVA degli stessi.

Attraverso l’analisi degli aspetti caratterizzanti i contributi corrispettivo e contributi non corrispettivo, si distingue:

  • contributi non corrispettivo come mera concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzione di vantaggi economici, ex art. 12, Legge n. 241/1990, e pertanto fuori campo IVA ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), D.P.R. n. 633/1972,
  • contributi corrispettivi per prestazioni di servizi ai sensi dell’art. 3, comma 1, della citata Legge IVA.

Buon ascolto.

Podcast GBsoftware a cura del Dott.ssa Paparusso

Ascolta “Ep.147 I contributi pubblici il trattamento IVA” su Spreaker.

Enti terzo settore

Spesso gli enti del Terzo settore operano in convenzione/accreditamento con la Pubblica amministrazione nell’espletamento delle attività di interesse generale. Il “contributo pubblico” nei rapporti con gli enti del Terzo settore (ETS) rappresenta una forma di finanziamento che proviene dallo Stato, dalle Amministrazioni locali o da altri enti pubblici, con lo scopo di sostenere attività di interesse pubblico, sociale o culturale.

Il codice del Terzo settore prevede una disciplina ad hoc (recata dagli artt. 55, 56 e 57, D.Lgs. n. 117/2017) a tale tipologia di “collaborazione” definendone i caratteri peculiari ed esclusivi che ne tratteggiano il perimetro giuridico.

L’art. 79, D.Lgs. n. 117/2017 definisce la rilevanza reddituale e la concorrenza alla determinazione della natura fiscale delle attività di interesse generale, prima, e dell’ente del Terzo settore poi, di tali di remunerazioni/contribuzioni.

Contributi non corrispettivi

La qualificazione delle somme erogate a titolo di “contributo pubblico nei rapporti tra Pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore (ETS) deve essere ricercata nella distinzione tra contributo corrispettivo versus contributo non corrispettivo (c.d. contributo a fondo perduto).

I contributi a fondo perduto sono i contributi versati senza alcuna connessione a prestazioni di servizi o a cessioni di beni, e in quanto tali non soggetti a IVA, pertanto sono qualificabili come contributi non corrispettivi.

I contributi pubblici non corrispettivi sono importi che vengono erogati a sostegno delle finalità dell’ente. Questi contributi non sono legati alla prestazione di un servizio specifico in cambio, ma hanno lo scopo di sostenere in modo generale le attività sociali, culturali o di utilità pubblica svolte dagli ETS (concessione, di sovvenzioni, sussidi, ausili finanziari o attribuzione di vantaggi economici).

I contributi pubblici non corrispettivi si connotano per le seguenti caratteristiche:

  • assenza di obbligo di restituzione: l’ente non è tenuto a restituire i fondi ricevuti, anche se deve rendicontare l’uso che ne ha fatto;
  • obiettivi di utilità sociale: questi contributi sono destinati a sostenere progetti che abbiano un valore sociale, culturale, educativo o ambientale;
  • nessun corrispettivo diretto: non c’è una prestazione specifica che deve essere resa per ottenere il contributo, ma piuttosto un sostegno alle attività complessive dell’ente.

Contributi corrispettivi

I contributi pubblici corrispettivi, invece, sono erogazioni che vengono concesse agli ETS in cambio di un servizio o di una prestazione specifica che l’ente deve erogare. In sostanza, si tratta di un “compenso” che viene versato per ricevere in cambio di un’azione concreta, collegata ad un servizio.

I contributi corrispettivo si caratterizzano per:

  • condizioni specifiche: l’ente deve svolgere una determinata attività o servizio pubblico, come la gestione di una struttura, l’organizzazione di eventi o la fornitura di determinati servizi sociali;
  • contratti o accordi: solitamente questi contributi sono disciplinati da contratti o convenzioni che stabiliscono le modalità di erogazione e gli obblighi reciproci, prevedendo all’interno dell’accordo specifiche clausole contrattuali (tempi, modalità erogazione, penali per inadempimento, clausole risolutive, ecc.);
  • rendicontazione: l’ente beneficiario deve rendicontare l’utilizzo del contributo e il servizio svolto per giustificarne l’uso. L’obbligo di rendicontazione non determina automaticamente la corrispettività: la sola previsione di un obbligo di rendicontazione delle spese non comporta di per sé il carattere oneroso dell’erogazione, se non accompagnato da obblighi di risultato o altre forme di prestazione in cambio del contributo.

Il trattamento dell’IVA

La distinzione tra corrispettivi non contributi e corrispettivo contributo è rilevante ai fini del trattamento tributario, in particolare con riferimento all’IVA.

La principale la distinzione è legata:

  • alla natura della prestazione da rendere (un servizio specifico vs. attività generali di interesse pubblico)
  • alla presenza di obblighi contrattuali del “fare” (obbligo di prestazione vs. assenza di obbligo).

La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 34/E/2013 ha precisato che per: «“contributo non corrispettivo” si intende una elargizione di somme di denaro che non trova causa in una prestazione resa a favore dell’ente erogatore, bensì è finalizzata al perseguimento di finalità di interesse generale, senza instaurare un rapporto giuridico sinallagmatico».

La circolare è utile per interpretare gli atti tra PA e ETS e delinea gli aspetti da analizzare per la distinzione di contributo. È innanzitutto fondamentale, nella qualificazione della natura del contributo o di attribuzione di altro vantaggio economico, verificare in concreto assetto degli interessi delle parti.

In prima battuta occorre verificare che il contributo sia stato definito tale in forza di norme di legge – specifiche o generali – ovvero in base al diritto UE.

La natura di contributo pubblico può essere desunta:

  • direttamente da norme di legge, qualora la disposizione preveda l’attribuzione di somme a determinati soggetti al verificarsi di presupposti predeterminati (ad esempio 5×1000, contributi ex art. 72, CTS, contributi automatici o selettivi);
  • dalla ricorrenza di procedimenti amministrativi ex art. 12, Legge n. 241/1990, i quali sono preordinati all’attribuzione di vantaggi economici, mediante atti unilaterali e nel rispetto di principi di trasparenza e imparzialità.

Pertanto in tali casi l’amministrazione non instaura un contratto con l’ente, ma dispone un’erogazione che ha come presupposto il perseguimento di finalità pubbliche condivise. Ciò consente di qualificare la somma come contributo pubblico e non come corrispettivo, escludendone la rilevanza IVA.

L’art. 12, Legge n. 241/1990, statuisce il principio per il quale qualsiasi attribuzione di denaro pubblico a qualsiasi titolo debba essere predeterminata nei criteri e nelle modalità, al fine di garantirne la trasparenza e di verificare l’assenza di qualsivoglia profilo di ambiguità sulla natura della dazione di denaro pubblico.

Nel caso in cui non vi sia una norma (specifica o generale) che consenta di qualificare un’erogazione pubblica come contributo o corrispettivo, la circolare n. 34/E/2013, al par. 2, impone di ricorrere a criteri sussidiari. Tali criteri sono:

  1. rapporto di scambio che attribuisca alla PA erogante un vantaggio diretto ed esclusivo a fronte dell’attività posta in essere dall’ente beneficiario;
  2. acquisizione da parte del soggetto erogante dei risultati dell’attività finanziata. Se il soggetto pubblico acquisisce la proprietà – anche parziale – dei risultati (ad esempio di una ricerca, di un’opera, di un servizio), si configura un rapporto sinallagmatico e quindi corrispettivo;
  3. presenza di clausola risolutiva espressa o obbligo di risarcimento per inadempimento che dia luogo a una responsabilità contrattuale. Queste clausole contrattuali sono tipiche dei contratti a prestazioni corrispettive.

La loro presenza è sintomo di reciprocità degli obblighi, e quindi si è presumibilmente di fronte a un corrispettivo imponibile IVA. Tali elementi, laddove sussistano, orientano verso la qualificazione del contributo come corrispettivo.

La rilevanza IVA dei contributi a fondo perduto

Questi criteri devono essere valutati caso per caso, analizzando attentamente l’accordo, la convenzione o il provvedimento di assegnazione delle risorse, esaminando il rapporto giuridico sottostante, la natura dell’atto amministrativo o convenzionale e la presenza di elementi sintomatici di corrispettività, e rappresentano un passaggio fondamentale per inquadrare correttamente il trattamento IVA.

È fuori campo IVA l’erogazione di contributi pubblici a fondo perduto, attribuiti a seguito della partecipazione ad un bando o altra procedura selettiva, senza che il soggetto beneficiario sia obbligato a fornire una prestazione in cambio, poiché l’erogazione non rappresenta un corrispettivo. Qualora, l’ente sia tenuto a dover svolgere una prestazione a favore dell’ente pubblico potrebbe esserci un rapporto sinallagmatico, rilevante ai fini IVA.

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