La somma versata a titolo di deposito cauzionale nell’ambito di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, quando la volontà delle parti è espressa in modo chiaro e inequivocabile, non può essere riqualificata dall’Agenzia delle Entrate come acconto sul prezzo e pertanto non è soggetta a IVA.
L’interpretazione del contratto deve attenersi primariamente al senso letterale delle espressioni utilizzate, senza sostituire la volontà negoziale con ricostruzioni alternative che ne travalichino il significato testuale. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, nell’ordinanza 26.08.2025, n. 23857.
Deposito cauzionale
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 23857 depositata il 26 agosto 2025, ha statuito che non può essere qualificata come acconto di prezzo – e tanto meno come caparra confirmatoria – la somma versata in sede di contratto preliminare di compravendita immobiliare e qualificata in tale contratto come deposito cauzionale, anche se l’importo del deposito cauzionale sia prossimo all’entità del prezzo pattuito tra venditore e acquirente e che quest’ultimo sia obbligato a corrispondere in sede di contratto definitivo.
I giudici di legittimità hanno cassato la sentenza della Corte tributaria regionale della Toscana, che, a sua volta, aveva riformato la sentenza di primo grado: in quest’ultimo giudizio era stato annullato l’avviso dell’Agenzia delle Entrate nel quale il predetto deposito cauzionale era stato riqualificato come acconto, assoggettandolo di conseguenza a tassazione.
L’argomento principale della Corte Cassazione, a supporto della propria decisione, è che, nell’interpretare un contratto, occorre anzitutto osservare il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate dai contraenti.
Soltanto se vi sia una situazione di ambiguità può farsi ricorso ai criteri interpretativi dettati dalla legge: prima quelli definiti come criteri di interpretazione soggettiva (di cui agli articoli da 1362 a 1365 del Codice civile) e, se insufficienti, quelli di interpretazione oggettiva (di cui ai successivi articoli da 1366 a 1371).
In altri termini, se il testo del contratto, per le espressioni usate, rivela con chiarezza e univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile.
Nel caso di specie la qualificazione come deposito cauzionale è stata ritenuta coerente con la funzione di garanzia che la somma in questione era preordinata a svolgere, secondo quanto stabilito nel contratto preliminare.
Inoltre, non è risolutivo che l’importo della somma qualificata come deposito cauzionale nel contratto preliminare sia pressoché identico all’importo del prezzo.
Dott.ssa Mariangela Paparusso