
Il Nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati nell’interpello n. 263/E/2025: periodo minimo di residenza all’estero e svolgimento contestuale di più attività
A seguito dell’istanza di interpello concernente il “Nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati – Periodo minimo di residenza all’estero – Svolgimento contestuale di più attività – articolo 5, decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209” è stata prodotta, da parte dell’Agenzia delle Entrate la risposta n. 263/E/2025 del 13 ottobre 2025.
Interpello sul nuovo regime per lavoratori impatriati
L’istanza di interpello in oggetto contiene un quesito di un cittadino italiano in merito al Nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati.
L’istante dichiara che, dal 1° novembre al 31 dicembre 2022 era fiscalmente residente in Italia mentre svolgeva la collaborazione coordinata e continuativa di insegnamento a favore dell’Università; dal 1° gennaio 2023 si era trasferito all’estero per svolgere lavoro dipendente presso una società estera lavorando sia da remoto e sia, occasionalmente, in Italia mantenendo la collaborazione coordinata e continuativa presso l’Università italiana, dall’01 novembre 2022, con contratto automaticamente risolto il 31 ottobre 2023 e nell’anno successivo l’Università stipulava un nuovo contratto.
L’istante nel 2026 intende trasferire la residenza fiscale in Italia, per lavorare come dipendente in una società non collegata e non partecipata dalla società dove aveva già svolto lavoro dipendente all’estero e, nello stesso tempo, ha il proposito di proseguire anche la sua collaborazione con l’Università italiana. Nei tre periodi d’imposta anteriori al trasferimento non è stato fiscalmente residente in Italia ma dichiara di voler risiedere in Italia per almeno quattro anni dalla data del rientro prestando l’attività lavorativa prevalentemente in Italia.
Il quesito dell’istante riguarda il dubbio se, al rientro in Italia, possa applicare al reddito prodotto dall’attività di lavoro alle dipendenze di una società, che non coincide con la società per la quale ha lavorato all’estero e che non appartiene al medesimo gruppo, il nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati, e considerando che al rientro proseguirà il proprio lavoro anche per l’Università.
L’Agenzia delle Entrate risponde con il proprio parere.
Il nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati è disciplinato dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 209/2023, entrato in vigore dal 29 dicembre 2023, ed è applicato ai contribuenti che trasferiscono, a partite dal periodo d’imposta 2024, la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del Tuir e che producono, in Italia, redditi di lavoro dipendente, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo scaturenti dall’esercizio di arti e professioni, i quali redditi concorrono, entro il limite annuo di 600.000 euro, alla formazione del reddito complessivo solo al 50 per cento del loro totale nei casi in cui si verifichino le seguenti condizioni:
- i lavoratori si impegnano a mantenere la residenza fiscale in Italia per un periodo di almeno 4 anni ai sensi del comma 3, secondo periodo;
- i lavoratori non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta antecedenti al loro trasferimento;
- l’attività lavorativa deve essere prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato;
- i lavoratori devono possedere i requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.
Il beneficio fiscale di tale nuovo regime spetta unicamente ai redditi prodotti dal nuovo rapporto di lavoro stabilito con un datore di lavoro differente da quelli implicati in precedenza, senza esclusione per la coesistenza di altre attività, nel caso in esame, infatti, è svolta anche una collaborazione universitaria, che proseguiranno a generare redditi imponibili secondo il regime ordinario.
Se il lavoratore svolge attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore del medesimo soggetto presso il quale ha lavorato all’estero prima del trasferimento o in favore di un soggetto appartenente al suo medesimo gruppo, il requisito minimo di permanenza all’estero, da tre anni, aumenta a sei, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore del medesimo soggetto o di un soggetto appartenente al suo medesimo gruppo, o sette anni, se prima del suo trasferimento all’estero, ha lavorato in Italia in favore dello stesso soggetto o di un soggetto appartenente al suo medesimo gruppo.
Ne consegue che, in applicazione dei principi sopra illustrati, l’Istante, che dichiara di essere stato residente all’estero nei tre periodi d’imposta precedenti al trasferimento in Italia, potrà fruire, nel rispetto delle ulteriori condizioni previste, del nuovo regime con esclusivo riferimento al reddito derivante dall’attività che intende svolgere alle dipendenze di una società per la quale non ha svolto attività lavorativa all’estero. Al rientro in Italia potrà continuare a svolgere anche l’attività di collaborazione coordinata e continuativa con l’Università ma non potrà applicare ad essa il nuovo regime, perché l’attività è svolta per il medesimo datore di lavoro per cui aveva lavorato mentre era residente all’estero e per il quale aveva lavorato in Italia anche prima dell’espatrio.
di Milena Barreca
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