di Gianfranco Antico
In sede di verifica spesso gli organi di controllo rinvengono contabilità in nero (brogliacci, appunti vari, annotazioni, etc), che naturalmente viene utilizzata, in particolare, per ricostruire i ricavi o i compensi. Vediamo quindi, il valore che tale documentazione ha assunto nel corso di questi anni presso la Corte di Cassazione.
Premessa
Come è noto, l’articolo 2727 del codice civile prevede che “le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato”. A norma dell’articolo 2729, comma 1 del codice civile, queste ultime possono essere ammesse solo se gravi, precise e concordanti.
Attenzione
| In generale, osserva la G.d.F. nella circolare n.1/2018 “le presunzioni consistono in fatti o nozioni che, sebbene acquisiti o conosciuti, non forniscono alcuna diretta dimostrazione di situazioni o accadimenti, ma permettono comunque di risalire a questi attraverso un processo di logica consequenzialità”. Precisano gli estensori del documento di prassi pubblicato, “ per le presunzioni non legali, vale a dire semplici o semplicissime, non contemplate da alcuna disposizione fiscale e rappresentate da tutti quegli elementi o nozioni utilizzati in sede di controllo e accertamento in funzione di dimostrazione indiretta di fatti o situazioni (che, in sede contenziosa, sono inevitabilmente sottoposti al vaglio del giudice cui spetta esprimersi, in definitiva, sulla relativa capacità probatoria), è necessario esplicitare in maniera puntuale, argomentata e logicamente consequenziale, le ragioni per cui si ritiene che gli elementi presuntivi utilizzati siano idonei a comprovare i fatti o le situazioni che si intende dimostrare. |
Con riferimento alla concreta rilevanza probatoria che devono assumere le presunzioni semplici utilizzabili nel metodo analitico – induttivo non occorre che l’esistenza del fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessità assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria), essendo sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit, in virtù della regola dell’inferenza probabilistica (così, Corte di Cassazione, ordinanza n. 23431/2016).
Acclarato che le prove indirette – presuntive, per supportare conclusioni il più possibile fondate, tali da resistere anche in sede contenziosa, devono necessariamente essere calibrate, quanto a natura delle stesse e relativa efficacia dimostrativa, alla tipologia del soggetto controllato, alle caratteristiche dell’attività interessata ed alle sue dimensioni, approfondiamo uno degli aspetti più particolari dell’attività di verifica: il ritrovamento della contabilità in nero ovvero di appunti, quaderni, etc, contenenti elementi utili ai fini del controllo fiscale.
L’accesso
L’accesso da parte dei verificatori può essere effettuato solo con apposita autorizzazione scritta, rilasciata dal capo dell’Ufficio che ordina la verifica.
Attenzione
| L’articolo 13-bis, del D.L.n.84/2025, conv. con modif. in L. n. 108/2025, è intervenuto sull’articolo 12, comma 1, della L.n.212/2000, così che negli atti autorizzativi agli accessi, ispezioni e verifiche e nei processi verbali delle operazioni di verifica, devono essere espressamente e adeguatamente indicate e motivate le circostanze e le condizioni che hanno giustificato l’accesso. Detta modifica si applica con rifermento agli atti di autorizzazione e ai processi verbali di accesso redatti successivamente al 1° agosto 2025. Restano comunque validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti e i rapporti sorti sulla base delle disposizioni vigenti antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 84/2025 (2 agosto 2025). L’intervento legislativo si è reso necessario al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 6 febbraio 2025 (caso Italgomme Pneumatici S.r.l. e altri c. Italia, ricorso n. 36617/18), che ha censurato le autorizzazioni di accesso, rilasciate senza un reale vaglio sulla loro necessità e proporzionalità, e l’assenza di strumenti immediati di difesa per il contribuente. |
Indichiamo, sinteticamente, il contenuto dell’autorizzazione all’accesso.
| Il contenuto dell’autorizzazione all’accesso |
| Nominativo e poteri del soggetto che dispone la verifica |
| Ordine di accedere |
| Indicazione del soggetto da sottoporre a controllo |
| Ragioni del controllo |
| Indicazione, in maniera espressa e adeguata, delle circostanze e delle condizioni che hanno giustificato l’accesso |
| Avviso che la verifica, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, si svolgerà durante l’orario ordinario di esercizio dell’attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento dell’attività stessa nonché alle relazioni commerciali o professionali |
| Annualità da verificare |
| Data dell’inizio della verifica |
| Sottoscrizione del soggetto che autorizza la verifica |
I verificatori, adempiute le formalità di rito (esibizione delle tessere di riconoscimento e autorizzazione del soggetto che ha autorizzato la verifica), procedono, fra l’altro, a:
- reperire ed acquisire oltre che tutti i documenti contabili obbligatori anche l’eventuale documentazione extracontabile (brogliacci e scritture varie rivelatrici di una contabilità in nero; agende; matrici di assegni a favore di determinati soggetti; contratti, accordi; verbali di assemblee societarie, di riunioni di collegi sindacali; appunti contenenti nomi e/o cifre di clienti e/o fornitori; ritrovamento di scritture private, );
- acquisire i supporti magnetici rinvenuti e in presenza di mezzi informatici a visionare il programma di gestione e ad analizzare i dati registrati nell’hard disk del personal computer.
L’accertamento in nero
La “contabilità in nero” o “parallela” costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, legittimamente valutabile, in relazione all’esistenza di operazioni non contabilizzate; in particolare, essa rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dagli articoli 39 del D.P.R. n. 600/1973 e 54 del D.P.R. n. 633/1972, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli articoli 2709 e ss. del codice civile tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta. Pertanto, in punto di diritto, detta “contabilità in nero“, per il suo valore probatorio, legittima di per sé, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo, incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli.
Di recente segnaliamo che la Corte di Cassazione – ordinanza n.24669 del 6 settembre 2025 – si è occupata di un avviso di accertamento emesso nei confronti di un negozio di abbigliamento, in relazione all’anno d’imposta 2008, con il quale erano stati accertati maggiori ricavi non contabilizzati, alla luce della documentazione extracontabile rinvenuta presso la sede della società nel corso della verifica fiscale (due quaderni riportanti gli incassi effettivi, difformi da quelli annotati e registrati nel libro contabile dei corrispettivi), delle irregolarità riscontrate nella documentazione contabile. In sede di merito, venivano rigettate le giustificazioni addotte dai contribuenti, in quanto inverosimili (descrivevano un’attività del tutto inutile, spostamenti di merce dall’area magazzino all’area vendite), per spiegare la compilazione dei quaderni extracontabili, da cui risultavano i prezzi di vendita e le differenze tra incassi POS e asseriti trasferimenti di merce.
Attenzione
| Per gli Ermellini – ordinanza n. 24669/2025 – gli appunti personali e le informazioni provenienti dall’imprenditore, dai quali si possa evincere una sorta di c.d. “contabilità in nero”, rappresentano un “valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dovendosi ricomprendere tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e ss. cod. civ. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta, ed incombendo, a quel punto, al contribuente l’onere di fornire la prova contraria. (Cass. n. 25610 dell’1.12.2006; n. 24051 del 16.11.2011)”; e anche in tema di accertamento dell’IVA è stato affermato che la documentazione extracontabile legittimamente reperita presso la sede dell’impresa, ancorché consistente in annotazioni personali dell’imprenditore, costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, utilmente valutabile, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e nell’adempimento degli obblighi di legge: “ne deriva che qualora, a seguito di ispezione, venga rinvenuta presso la sede dell’impresa documentazione non obbligatoria astrattamente idonea ad evidenziare l’esistenza di operazioni non contabilizzate, tale documentazione, pur in assenza di irregolarità contabili, non può essere ritenuta dal giudice priva di rilevanza probatoria, senza che a tale conclusione conducano l’analisi dell’intrinseco valore delle indicazioni dalla stessa promananti e la comparazione delle medesime con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente (Cass. n. 21432 del 31/07/2024)”. |
Nel caso di specie è stato accertato dal giudice di appello che non solo erano stati rinvenuti nel corso della verifica fiscale, sotto il registratore di cassa, due quaderni riportanti, per le annualità 2007 – 2010, indicazioni specifiche su incassi difformi da quelli annotati e registrati nel libro contabile dei corrispettivi, distinti per i diversi punti vendita, ma erano state constatate anche plurime irregolarità nella contabilità ufficiale (quali la mancata emissione di scontrini fiscali, errori nella compilazione delle distinte delle rimanenze, che non raggruppavano i beni in categorie omogenee, assenza in numerose fatture di acquisto della indicazione della natura e qualità della merce, acquisti di merce prevalentemente in contanti, percentuali di ricarico diverse nei vari anni, non congruità per l’anno 2008 dei ricavi dichiarati con gli studi di settore Gerico). La comparazione di tutti questi dati rendeva inattendibile la contabilità ufficiale, legittimando la ricostruzione dei ricavi con il metodo analitico – induttivo, stante la medesima attività esercitata nel corso dell’intero anno di imposta.
La pronuncia sopra citata – Corte di Cassazione, ordinanza n. 24669/2025 – si pone sulla scia di precedenti pronunce di legittimità, che in questa sede richiamiamo:
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 18878/2021, dove è stata legittimata la determinazione dei maggiori ricavi desunta ai prezzi di vendita indicati dalla parte stessa in un file extracontabile, avente rilevanza probatoria di natura presuntiva;
- Corte di Cassazione, sentenza n. 12993/2022, dove è stato confermato che la “contabilità in nero“, costituita da appunti personali e da informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, spettando poi al contribuente l’onere di fornire adeguata prova contraria;
- Corte di Cassazione, ordinanza n.36249/2023, secondo cui “la documentazione extracontabile legittimamente reperita presso la sede dell’impresa, ancorché consistente in annotazioni personali dell’imprenditore, costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, utilmente valutabile, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e nell’adempimento degli obblighi di legge: ne deriva che qualora, a seguito di ispezione, venga rinvenuta presso la sede dell’impresa documentazione non obbligatoria astrattamente idonea ad evidenziare l’esistenza di operazioni non contabilizzate, tale documentazione, pur in assenza di irregolarità contabili, non può essere ritenuta dal giudice priva di rilevanza probatoria, senza che a tale conclusione conducano l’analisi dell’intrinseco valore delle indicazioni dalla stessa promananti e la comparazione delle medesime con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente”;
- Corte di Cassazione, sentenza n.33587/2023, secondo cui la “contabilità in nero” o “parallela” costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, legittimamente valutabile, in relazione all’esistenza di operazioni non contabilizzate. Nel caso di specie, il giudice di secondo grado ha rilevato che in occasione dell’accesso presso l’abitazione del contribuente la Guardia di Finanza aveva rinvenuto documentazione extracontabile relativa a lavori edili, ove erano annotati il numero delle giornate lavorative prestate dal contribuente e da due lavoratori e il corrispettivo dovuto;
- Corte di Cassazione, ordinanza n.24968/2024, dove è stato ribadito che «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la “contabilità in nero”, costituita da appunti personali e da informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, prescritti dall’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, perché nella nozione di scritture contabili, disciplinate dagli artt. 2709 e ss. c.c., devono ricomprendersi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta, spettando poi al contribuente l’onere di fornire adeguata prova contraria».
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