di Fabio Garrini

Il decreto attuativo dell’8 agosto 2025 ha definito nel dettaglio le regole applicative dell’IRES premiale, agevolazione che permette la riduzione di 4 punti percentuali dell’aliquota d’imposta; tra i requisiti da rispettare vi è l’accantonamento e il mantenimento in società di una quota dell’utile realizzato nel 2024.
Premessa
Uno dei provvedimenti di maggiore risalto della scorsa legge di bilancio ha trovato nel corso dell’estate le indicazioni per la propria compiuta applicazione: si tratta del decreto ministeriale 8 agosto 2025, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 agosto.
L’articolo 1, commi 436 e seguenti, della L. n. 207/2024 (Legge di bilancio per il 2025) aveva infatti introdotto (attualmente per il solo periodo d’imposta 2025, ma non sarebbe strano assistere una prossima proroga) un nuovo istituto agevolativo applicabile (principalmente) alle società di capitali, che però attendeva un provvedimento attuativo che fissasse i contorni della nuova agevolazione. Decreto pubblicato nel corso dell’estate.
L’Ires premiale è una disciplina agevolativa che consiste nella riduzione dell’aliquota Ires dal 24% al 20% (quindi con un abbattimento di 4 punti percentuali) per i soggetti che effettuano investimenti in beni qualificati; in realtà questo è però solo un primo presupposto, in quanto il vantaggio fiscale richieste il rispetto anche di una ulteriore serie di requisiti (oltre al potenziamento degli investimenti in beni 4.0 e 5.0): accantonamento a riserva degli utili conseguiti nel 2024 e incremento del livello occupazionale in capo alla società che invoca l’agevolazione. Il tutto accompagnato a previsioni di decadenza che dovranno essere monitorate nei futuri periodi d’imposta.
La prima osservazione che può essere proposta riguarda proprio i forti vincoli introdotti: se infatti il beneficio è tutto sommato apprezzabile (pur non sconvolgente), il vero problema è legato alla verifica dei numerosi e spesso stringenti paletti che sono posti alla possibilità di accedere all’agevolazione.
L’obbligo di accantonamento
Il primo requisito per poter fruire dell’agevolazione è regolato dall’articolo 1, comma 436 lettera a) della legge di bilancio per il 2025 (ribadito all’articolo 4, comma 1 lett. a) del decreto attuativo in commento): per poter accedere all’IRES premiale, ottenendo la riduzione di 4 punti percentuali dell’aliquota IRES è necessario che sia accantonata in “un’apposita riserva” (questa è la locuzione letterale scelta dal legislatore) una quota non inferiore all’80% dell’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024. L’articolo 4, comma 3 del D.M. prevede che gli enti non commerciali, che possono fruire dell’IRES premiale con riferimento all’attività commerciale svolta), dovranno verificare tale obbligo in relazione a tale frazione dell’attività
Per la maggior parte dei casi si tratta di un comportamento che le società dovranno già aver posto in essere, ipotizzando che per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare le sorti dell’utile 2024 saranno state disposte perlopiù entro lo scorso mese di aprile. Ciò non toglie che tale presupposto debba essere oggi puntualmente verificato sulla base delle indicazioni del decreto attuativo, in quanto un mancato rispetto dell’obbligo di accantonamento pregiudicherebbe alla radice la possibilità di fruire dell’agevolazione, rendendo inutili i comportamenti virtuosi che le società potrebbero programmare nell’intento di ottenere la riduzione dell’aliquota IRES 2025.
Con riferimento a tale presupposto va da subito segnalato un dubbio che si era posto: come si deve comportare chi non ha conseguito un utile nel 2024? Ha comunque diritto all’agevolazione visto che non ha un importo da poter accantonare?
Il decreto non da indicazioni in tal senso, ma sul punto consta una importante interpretazione recata dalla relazione accompagnatoria al decreto: secondo quanto riportato in tale documento, i soggetti che non hanno realizzato un utile in tale esercizio non potranno in alcun modo accedere all’agevolazione.
Detta posizione lascia certamente qualche perplessità posto che si discrimina tra chi ha conseguito un risultato positivo nel 2024 e chi invece non è in tale condizione, ma si aspetta buoni risultati nel 2025 e intende investire in beni strumentali. Perché favorire chi ha magari avuto un utile 2024 irrisorio rispetto a chi ha conseguito una ridottissima perdita?!?
A parere di chi scrive il legislatore non intendeva porre tale discrimine, ma obbligare chi ha conseguito utili a mantenerli (almeno in parte) in società; purtroppo, l’interpretazione ministeriale si è dimostrata ben diversa, precludendo l’accesso alla riduzione IRES per quei soggetti che non hanno conseguito un utile 2024.
Sfuggono a tale obbligo di accantonamento le società di nuova costituzione: le società esistenti dal 2025, non presentando un esercizio 2024, sfuggono a tale obbligo. Queste sono ammesse senza alcun problema alla possibilità di applicare la riduzione IRES (aspetto che lascia ancora più perplessi in relazione all’esclusione per i soggetti che nel 2024 hanno conseguito una perdita).
Tornando al decreto, il comma 2 dell’articolo 4 introduce una presunzione in base alla quale l’utile relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 si considera accantonato “ad apposita riserva” se destinato a finalità diverse dalla distribuzione ai soci in sede di approvazione del bilancio. A tal fine, ovviamente, anche eventuali acconti sui dividendi si considerano non accantonati.
Pertanto, costituisce utile accantonato, ai fini del presente decreto, l’utile dell’esercizio 2024 accantonato a qualsiasi riserva, destinato alla copertura delle perdite di esercizi precedenti, ovvero portato a nuovo.
Ne consegue che il vincolo fiscale è apposto alle riserve costituite o incrementate mediante destinazione dell’utile relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2024, a prescindere dalla “disponibilità” delle stesse e senza distinguere la quota parte di utile accantonata “spontaneamente” dalla quota parte di utile la cui destinazione a riserva deriva da una disposizione di legge o statutaria.
Parimenti, è sottoposto al vincolo fiscale anche l’utile destinato ad aumento di capitale.
Rileva quindi integralmente, ad esempio, la quota dell’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 destinata a riserva legale, statutaria ovvero alla riserva di cui all’articolo 12 del D.P.R. n. 601/73, per le società cooperative.
Ulteriori riserve rilevanti a tal fine, richiamate dalla relazione accompagnatoria, sono la riserva determinata a fronte di maggiori valori conseguenti alla valutazione delle partecipazioni effettuata con equity method ai sensi dell’articolo 2426, comma 1, n. 4, del codice civile, la riserva derivante dalla valutazione delle poste in valuta sulla base del cambio a pronti ai sensi dell’articolo 2426, n. 8-bis del codice civile, nonché le riserve IAS di cui all’articolo 6 del D.Lgs. n. 38/05.
La presenza di vincoli civilistici (indisponibilità o non distribuibilità) sulle riserve non osta all’apposizione di un diverso vincolo avente natura esclusivamente fiscale.
Come evidenziato nella relazione accompagnatoria, la delibera di approvazione del bilancio con la quale è distribuita ai soci una quota dell’utile realizzato nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 tale da superare, unitamente a eventuali acconti sui dividendi, il 20% dell’utile 2024, diviene l’unica ipotesi in cui viene a mancare la condizione relativa all’accantonamento minimo dell’utile 2024.
Va rimarcato che invece non esiste alcun problema nel caso di risultato negativo nell’esercizio 2023: l’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023 costituisce esclusivamente un parametro necessario per la verifica del quantitativo minimo degli investimenti, con la conseguenza che l’utile realizzato in tale esercizio può essere considerato, ai fini dell’agevolazione in esame, anche se già distribuito. Questo sta a significare che, mentre è necessario accantonare l’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 da destinare, sia pure in quota parte, agli investimenti rilevanti, non è altrettanto necessario che nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023 sia realizzato un utile. Sarà quindi possibile applicare l’IRES premiale anche da parte di società in perdita nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, qualora rispettino le altre condizioni.
Monitoraggio successivo delle riserve
Le verifiche riguardanti tale obbligo di accantonamento non si sono però esaurite al momento dell’accantonamento dell’utile 2024, ma si protraggono fino alla fine del 2026, posto che detto utile deve essere vincolato in società fino a tale scadenza.
Il comma 438 della legge di bilancio 2025 elenca infatti una serie di ipotesi al verificarsi delle quali l’agevolazione viene meno e il beneficio ottenuto deve essere restituito; previsioni richiamate nell’articolo 7 del decreto attuativo.
La prima ipotesi che comporta il venir meno dell’agevolazione è prevista alla lettera a) del citato c. 438 e vincola l’utile 2024 accantonato fino al 2026: “nel caso in cui la quota di utile accantonata di cui al comma 436, lettera a), sia distribuita entro il secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024.”
La relazione accompagnatoria rimarca un aspetto: qualora l’accantonamento dell’utile 2024 sia superiore alla soglia minima dell’80%, comunque il vincolo fiscale è limitato all’80%, ossia alla quota minima che doveva essere accantonata l’accesso alla misura agevolativa.
Questo significa che eventuali distribuzioni di utili, che vadano a ridurre la quota dell’utile accantonato fino alla predetta soglia minima, non determinano il verificarsi della causa di decadenza (ricordando comunque che l’importo minimo degli investimenti necessari è invece calcolato facendo riferimento all’utile effettivamente accantonato).
La relazione accompagnatoria porta poi una anticipazione circa un adempimento che dovrà essere gestito nelle prossime dichiarazioni dei redditi: al fine di monitorare l’ammontare complessivo delle riserve costituite o incrementate con gli utili accantonati sottoposti al vincolo fiscale, nonché quelli utilizzati a copertura perdite, gli importi vincolati e le loro eventuali variazioni devono essere distintamente indicati in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi per ciascuna voce del patrimonio netto.
Infine, il decreto attuativo stabilisce la presunzione secondo cui, ai fini fiscali, si considerano prioritariamente utilizzate a copertura delle perdite le riserve diverse da quelle costituite o incrementate con l’utile accantonato ai sensi dell’articolo 4, comma 2 (accantonamento a riserva dell’utile 2024); l’Amministrazione Finanziaria, durante un forum con la stampa specializzata tenutosi a settembre, ha precisato che anche in caso di distribuzione di riserve di utili, si considerano prioritariamente distribuite le riserve che non sono oggetto di tale vincolo (rendendo più semplice evitare la causa di decadenza in commento).
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