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Dichiarazione integrativa: disciplina e trattamento sanzionatorio

L’articolo esamina la disciplina della dichiarazione integrativa e il trattamento sanzionatorio, tenendo conto delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 87/2024, con particolare attenzione alla causa di non punibilità prevista dall’articolo 6, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 472/1997. La riforma valorizza la buona fede del contribuente e promuove un modello di compliance collaborativa fondato su chiarezza, proporzionalità e fiducia nel rapporto fiscale.

Premessa

L’istituto della dichiarazione integrativa, disciplinato dall’articolo 2, commi 8, 8-bis e 8-ter del D.P.R. n. 322/1998, rappresenta uno strumento di primaria importanza nel sistema tributario italiano.

Esso, infatti, consente al contribuente di correggere errori od omissioni contenuti nelle dichiarazioni già presentate, garantendo l’allineamento tra posizione dichiarativa e obbligazione fiscale.

L’evoluzione normativa e giurisprudenziale ha ampliato nel tempo le possibilità di emendare la dichiarazione, valorizzando la logica della collaborazione e correttezza sostanziale nel rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuente.

Le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 87/2024 e dal D.L. n. 34/2020 hanno innovato sia il profilo sanzionatorio sia il profilo della non punibilità, delineando un sistema coerente con i principi dello Statuto del contribuente, fondato su trasparenza, proporzionalità e legittimo affidamento.

Quadro normativo

Il comma 8 dell’articolo 2, D.P.R. n. 322/1998, stabilisce che le dichiarazioni dei redditi, dell’Irap e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere:

  • errori od omissioni di qualsiasi natura, anche rilevanti;
  • errori che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o minore imponibile, di un maggiore o minore debito d’imposta o di un maggiore o minore credito.

L’integrazione avviene mediante una nuova dichiarazione:

  • presentata secondo le modalità ordinarie di cui all’articolo 3 del D.P.R. 322/1998;
  • redatta su modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione originaria;
  • entro i termini previsti dall’articolo 43 del D.P.R. n. 600/1973, ossia entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione originaria.

In tal modo, la dichiarazione integrativa può essere presentata sia a favore del contribuente (quando comporta un minor debito o un maggior credito) che a sfavore (quando determina un maggior debito d’imposta), senza distinzione quanto al termine di presentazione (a differenza della disciplina previgente, che prevedeva limiti più stringenti per le integrative “a favore”).

In entrambi i casi, la nuova dichiarazione sostituisce e integra la precedente, con effetti limitati agli elementi oggetto di rettifica. Sul punto, è stato precisato che la presentazione di una dichiarazione integrativa non consente la riapertura generalizzata dei termini di accertamento, ma solo in relazione agli aspetti modificati (Cass. n. n. 27073/2025). Tale principio è di particolare rilievo poiché delimita il potere dell’Amministrazione finanziaria, evitando un’estensione indiscriminata dei termini di decadenza. Il termine per la notifica degli atti di accertamento decorre, quindi, dalla data di presentazione della dichiarazione integrativa per i soli profili rettificati.

Attenzione: L’articolo 119, comma 8-sexies, del D.L. n. 34/2020, come modificato dalla L. n. 207/2024, prevede una deroga espressa ai termini di cui all’articolo 2, comma 8, del D.P.R. n. 322/1998. In particolare, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 relativamente agli interventi c.d. “Superbonus”, la detrazione può essere ripartita, su opzione del contribuente, in dieci quote annuali di pari importo a partire dal periodo d’imposta 2023. L’opzione è irrevocabile ed è esercitata tramite una dichiarazione dei redditi integrativa di quella presentata per il periodo d’imposta 2023, da presentare entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2024 (31 ottobre 2025). Se dalla predetta dichiarazione integrativa emerge una maggiore imposta dovuta, quest’ultima è versata, senza applicazione di sanzioni e interessi, entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta 2024.

Il successivo comma 8-bis disciplina le modalità di utilizzo del credito emergente da una dichiarazione integrativa “a favore”, ossia nei casi in cui il contribuente corregga errori che abbiano comportato un maggior debito o un minor credito rispetto al dovuto.

In particolare, è previsto che:

  • l’eventuale credito derivante dalla dichiarazione integrativa può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997;
  • tuttavia, se l’integrativa “a favore” è presentata oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, il credito può essere utilizzato solo per debiti maturati dal periodo d’imposta successivo a quello di presentazione dell’integrativa;
  • in tale ipotesi, il credito deve essere indicato nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è stata presentata l’integrativa.

Resta ferma, in ogni caso, la possibilità per il contribuente di far valere errori di fatto o di diritto che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria anche in sede di accertamento o contenzioso, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità (ex multis, Corte di Cassazione, Sentenza n. 13408/2024).

Questa disposizione consolida il principio di emendabilità sostanziale della dichiarazione, quale atto di scienza e non negoziale, suscettibile di rettifica fino alla definitività del rapporto d’imposta.

Da ultimo, il successivo comma 8-ter, introdotto con il D.L. n. 70/2011, disciplina un’ipotesi specifica di integrazione, secondo la quale il contribuente può modificare la scelta originaria di rimborso dell’eccedenza d’imposta trasformandola in compensazione, purché:

  • il rimborso non sia stato ancora erogato, neppure parzialmente;
  • la nuova dichiarazione sia presentata entro 120 giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione;
  • sia utilizzato un modello conforme a quello approvato per il periodo d’imposta di riferimento.

Questa disposizione risponde a esigenze di flessibilità amministrativa, consentendo di riallocare le eccedenze tributarie ancora “virtuali” (non rimborsate) verso forme più efficienti di utilizzo del credito, come la compensazione.

Trattamento sanzionatorio

A seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 87/2024, l’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 471/1997 stabilisce che, nel caso di dichiarazione infedele (ovvero, quando nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito o un valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante), trova applicazione la sanzione amministrativa pari al 70% della maggiore imposta dovuta o della differenza di credito utilizzato, con un minimo di euro 150 (la previgente disposizione sanciva invece l’applicabilità di una sanzione compresa tra il 90 ed il 180%). Resta inteso che si ha dichiarazione infedele tutte le volte in cui risulta validamente presentata una dichiarazione, e dunque alla scadenza ordinaria ovvero nei 90 giorni successivi a detta scadenza.

Con il nuovo comma 2-bis dell’articolo 1, D.Lgs. n. 471/1997, il legislatore ha inteso conferire una particolare premialità al contribuente che si attiva prima dell’avvio di un’azione di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria. In particolare, è previsto che, se la violazione di infedeltà dichiarativa “emerge dalla presentazione di una dichiarazione integrativa non oltre i termini stabiliti dall’art. 43 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e, comunque, prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo, si applica sull’ammontare delle imposte dovute la sanzione prevista dall’art. 13, comma 1, aumentata al doppio. Se non sono dovute imposte si applica la misura minima di cui al comma 2, primo periodo”.

Attenzione: Tale previsione normativa implica che, se il contribuente ha presentato, in un primo momento, una dichiarazione infedele, e successivamente è intervenuto per eliminare la violazione mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa, la sanzione base di riferimento è pari al 50% della maggiore imposta dovuta o della differenza di credito utilizzato. Se non sono dovute imposte, si applica la misura minima pari ad euro 150.

Il contribuente che regolarizza spontaneamente può anche avvalersi del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997, con riduzioni proporzionali al tempo trascorso.

Da ultimo, la dichiarazione integrativa non costituisce una nuova dichiarazione autonoma, ma un atto di rettifica della precedente. Pertanto, la sanzione deve essere commisurata esclusivamente alle imposte relative agli elementi modificati, non all’intera posizione fiscale.

Clausola di non punibilità

La causa di non punibilità introdotta dal comma 5-ter dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 472/1997, come risultante dalle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 87/2024 (in vigore dal 29 giugno 2024), rappresenta un’innovazione di particolare rilievo in materia di sanzioni amministrative tributarie.

La norma mira a rafforzare il principio di collaborazione e buona fede tra contribuente e Amministrazione finanziaria, sancito dall’articolo 10 della L. n. 212/2000. Essa riconosce che, in presenza di obiettive condizioni di incertezza interpretativa, il comportamento del contribuente che si conformi successivamente alle indicazioni ufficiali dell’Amministrazione non deve essere sanzionato, purché egli provveda tempestivamente a regolarizzare la propria posizione. In sostanza, il legislatore ha voluto evitare che l’attività interpretativa o applicativa dell’Agenzia delle Entrate – spesso successiva ai comportamenti dei contribuenti – si traduca in effetti punitivi retroattivi, qualora l’errore derivi da un quadro normativo ambiguo o da mancanza di orientamenti consolidati.

Affinché operi la causa di non punibilità di cui all’articolo 6, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 472/1997, devono ricorrere tre condizioni cumulative:

  • sussistenza di obiettive condizioni di incertezza normativa
  • pubblicazione di un documento di prassi amministrativa
  • adeguamento spontaneo e tempestivo

Nello specifico, la violazione deve dipendere da una reale difficoltà interpretativa circa la “portata e l’ambito di applicazione” della norma tributaria. Tale incertezza può derivare da:

  • formulazioni legislative ambigue o contraddittorie;
  • mancanza o contrasto di prassi e giurisprudenza;
  • complessità del quadro normativo, specie in materia di agevolazioni fiscali o regimi opzionali.

Inoltre, le indicazioni cui il contribuente si adegua devono essere contenute in documenti di prassi ufficiali dell’Amministrazione finanziaria, appartenenti alle tipologie indicate dall’articolo 10-sexies, comma 1, lettere a) e b), della L. n. 212/2000, ossia:

  • circolari e risoluzioni emanate dall’Agenzia delle Entrate o da altre amministrazioni competenti;
  • risposte a interpelli pubblicate, qualora di carattere generale.

Ciò garantisce che l’orientamento amministrativo sia ufficiale, pubblico e generalizzabile.

Da ultimo, il contribuente deve:

  • presentare una dichiarazione integrativa in linea con le nuove indicazioni;
  • versare l’imposta dovuta entro sessanta giorni dalla pubblicazione del documento di prassi.

Se tali adempimenti sono eseguiti entro il termine previsto, la violazione – pur sussistente – non è punibile, in quanto priva del requisito della colpevolezza.

Attenzione: Viceversa, la clausola di non punibilità non si applica se la dichiarazione integrativa è presentata successivamente all’avvio di attività di accertamento, o se risulta evidente la natura fraudolenta della condotta.

Conclusioni

La disciplina della dichiarazione integrativa, nella sua attuale formulazione, realizza un equilibrio tra esigenze di certezza dell’imposizione e tutela del contribuente, favorendo la correzione autonoma degli errori e il tempestivo adempimento degli obblighi tributari. Le modifiche normative del 2024 hanno rafforzato questa funzione, trasformando l’integrativa da mero strumento di ravvedimento tecnico a meccanismo di compliance attiva, idoneo a prevenire il contenzioso nonché ad incentivare comportamenti leali.

di Angelo Ginex

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